Tipografia, poster, cd, guide “montuose” e fiabe
un magazine online di cultura visiva — dal 2006
Questa settimana, su Frizzifrizzi abbiamo scoperto che:
· pur senza essersi mai incontrati prima, due gemelli statunitensi separati alla nascita hanno vissuto vite quasi identiche per quarant'anni, sposando pure donne con le stesso nome e chiamando i figli allo stesso modo;
· il grande autore per l'infanzia Attilio Cassinelli aveva un destino già segnato: lavorare in banca. Ma pochi giorni dopo essere arrivato a Milano e aver cominciato a lavorare in una filiale si licenziò e si iscrisse a una scuola di disegno;
· «appassionati e intraprendenti, hanno visto che il poster significava affari e si sono quindi resi conto che doveva essere una buona cosa» scrisse con un pizzico di ironia il cartellonista britannico Sydney R. Jones a proposito degli americani nel suo libro del '24 Posters & their designers.
Una mostra
L'Associazione Musei d’Ossola dedica un'esposizione al grande Attilio Cassinelli, in arte semplicemente Attilio, innovativo autore per l'infanzia tradotto in tutto il mondo, recentemente “riscoperto” e ancora oggi al lavoro, a quasi 100 anni di età. — La mostra si focalizza sulle tavole dedicate alle fiabe classiche e, soprattutto, su Pinocchio, che ha illustrato più volte nel corso della sua lunga carriera.
Delle storie animate
Desiderio e ricordo in un'animazione realizzata con lo “schermo di spilli”
È opera della giovane artista Justine Vuylsteker, che ha impiegato una tecnica molto complicata di quasi un secolo fa.
LEGGI →
I due Sam
Un corto d’animazione racconta l’incredibile (ma vera) storia di due gemelli separati alla nascita che, senza conoscersi, hanno vissuto per anni vite praticamente identiche.
LEGGI →
Una guida
Montamont è una nuova realtà editoriale lanciata da Bureau Rabensteiner, studio di design di Innsbruck. Si occupa di pubblicare guide sui migliori luoghi dove soggiornare sull'arco alpino, puntando su immagini e testi che evocano le esperienze vissute dall'autrice e dall'autore della guida, Isabella e Mike Rabensteiner. — La prima uscita è dedicata al Sud Tirolo ed è piena di posti da vivere, più che da visitare.
Dei poster
Il panorama dei manifesti di inizio '900 in un'antologia del 1924
Il cartellonista britannico Sydney R. Jones raccolse in un libro illustrato centinaia di poster d'epoca da tutto il mondo.
LEGGI →
Una call per poster contro la guerra
Il collettivo Letterpress United invita stampatrici e stampatori di tutto il mondo a realizzare manifesti in letterpress con su scritto, con inchiostro nero e nella propria lingua di origine, «no alla guerra».
LEGGI →
Dei quaderni
«Il tempo che passa lascia sempre un segno indelebile nel percorso di tutti noi. Il quaderno di Paz serve proprio a questo, a non disperdere tracce, a contenere forme, visioni, bozzetti o pensieri. A catalogare ricordi e ad ospitare piccoli e grandi appunti per il futuro». — Lo studio pugliese Pazlab ha lavorato a una mini-collezione di quaderni, nata dalla collaborazione con altre due realtà del territorio.
Delle lettere
Il nuovo numero della rivista The Shoplifters
Il magazine cambia tema, formato e design per ciascuna uscita. L'ultima è dedicata alla tipografia e presenta 156 font progettati da designer e studi di tutto il mondo.
LEGGI →
Una call per caratteri sperimentali
L'ha lanciata la rivista tedesca Slanted.
C'è tempo fino al 30 marzo per partecipare.
LEGGI →
Frizzifrizzi è sempre stato e sempre rimarrà gratuito.
Si tratta di un progetto fatto con amore e con impegno. La volontà è di continuare a farlo cercando di tenere al minimo la pubblicità.
Per questo ti chiediamo una mano — se vorrai — con una piccola donazione.
Potrai farla su PayPal.
Ti ringraziamo già da ora.
🖖🤘
Come ogni lunedì
È una rubrica a cura della giovane illustratrice e tatuatrice Alessandra Bruni, che ogni settimana illustra una notizia della settimana precedente.
VAI →
E inoltre
Si conclude l'avventura editoriale della rivista indipendente Ordinary Magazine, che aveva la missione di rendere straordinari degli oggetti ordinari.
L'ULTIMO NUMERO HA COME PROTAGONISTA L'OBSOLETO CD →
«Casa vuol dire tante cose. Vuol dire architettura e design ma anche luogo dove ti senti al sicuro.
Forse è casa il luogo da cui provieni oppure quello dove vuoi stare quando torni da qualche parte.
Casa è il posto dove ti senti tra simili o dove semplicemente c’è qualcuno che ti vuole bene».
DAVIDE CALÌ CONSIGLIA 5 ALBI ILLUSTRATI A TEMA “CASA” →
I luoghi della grande illustratrice e naturalista britannica Beatrix Potter 🐰
L'INCANTEVOLE LAKE DISTRICT, IN CUMBRIA →
L'ultimo artigiano produttore di sci in Scozia 🎿
UN AFFASCINANTE DOCUMENTARIO BREVE →
Un breve documentario su Kachalka, l'enorme palestra a cielo aperto al centro di Kyiv 💪
CI SARÀ ANCORA? →
L'invasione sovietica di Praga nel '68 📷
NELLE FOTO DI JOSEF KOUDELKA →
Hanno ritrovato la nave del capitano Shackleton 🐙
ERA A 3000 METRI SOTT'ACQUA IN ANTARTIDE →
Quindi ora andiamo ad ascoltarci il pezzo di Battiato ⚓️
UNA CATASTROFE PSICOCOSMICA →
Capolavori dell'arte sintetizzati con le griglie di Wordle 🖼
ARTLE →
Giochino online semplicissimo che dà dipendenza ◻️
UN QUASI-PONG →
Bonus Dispacci* di Michael Herr
Quando vai fuori di notte i medici ti danno delle pillole, l’alito di dexedrina sa di serpenti morti conservati troppo a lungo sotto vetro. Io per me non ne ho mai visto la necessità, un minimo contatto col nemico o qualsiasi cosa che soltanto lo ricordasse mi rendeva più anfetaminico di quanto potessi sopportare. Ogni volta che sentivo qualcosa al di fuori della nostra piccola cerchia praticamente tremavo, sperando in Dio di non essere l’unico ad averla notata. Bastavano due spari nel buio a un chilometro di distanza ed ecco che l’Elefante si inginocchiava sul petto togliendomi disperatamente il fiato. Una volta credetti di aver visto una luce muoversi nella giungla e mi sorpresi a dire con un filo di voce: «Non sono pronto, io non sono pronto». Fu allora che decisi di lasciar perdere e di fare qualcos’altro delle mie notti.
––––––
Sai com’è, vuoi guardare e non vuoi guardare. Ricordo le strane sensazioni che provavo da bambino guardando le foto di guerra su «Life», quelle dove si vedevano dei morti o una gran quantità di morti giacevano vicini tutti insieme in un campo o in una strada, e spesso si toccavano e sembravano abbracciarsi. Anche quando la foto era nitida e perfettamente a fuoco, c’era qualcosa di non chiaro, qualcosa di represso che controllava le immagini e ne tratteneva le informazioni essenziali. Può darsi che questo legittimasse la mia fascinazione, autorizzandomi a guardare tutto il tempo che volevo; all’epoca non avevo un linguaggio per esprimerlo, ma ora ricordo il senso di vergogna che provavo, lo stesso di quando si guardano i primi giornaletti pornografici, tutta la pornografia del mondo. Avrei potuto continuare a guardare finché non mi si chiudevano gli occhi e ancora non avrei accettato la connessione tra una gamba staccata e il resto di un corpo, o le pose e le posizioni strane che si verificano sempre (un giorno le avrei sentite chiamare “reazioni all’impatto”, corpi piegati troppo velocemente e violentemente in incredibili contorsioni. O l’assoluta impersonalità della morte di gruppo, che li stendeva ovunque e in qualunque modo li avesse colpiti, penzolanti sopra il filo spinato o gettati promiscuamente addosso ad altri morti, o su in mezzo agli alberi come acrobati terminali, che pareva dicessero “guarda che cosa so fare”.
––––––
Ogni giorno laggiù moriva della gente per colpa di qualche piccolo particolare che non si era dati la pena di osservare. Immaginate di essere troppo stanchi per far scattare la chiusura di un giubbotto antiproiettile, troppo stanchi per pulire il fucile, troppo stanchi per tener d’occhio una luce, troppo stanchi per occuparvi di quei margini di salvezza larghi un dito che spesso richiedeva il muoversi attraverso la guerra, talmente stanchi che non ve ne frega un cazzo di morire in seguito a quello sfinimento. C’erano dei momenti in cui la guerra stessa pareva svuotata di tutta la sua vitalità: debilitazione epica, la macchina che gira a vuoto e a basso regime, con un carburante che è il residuo acquoso dell’energia bellica dell’anno prima.
Intere divisioni funzionavano in stato onirico, in preda a brutti sogni, mimando una serie di movimenti senza alcuna connessione con la loro fonte. Una volta parlai per ,forse, cinque minuti con un sergente che aveva appena riportato alla base la sua squadra da un lungo pattugliamento prima di capire che quella patina di intontimento che gli velava gli occhi e la volubile distrazione delle sue parole derivavano da un sonno profondo.
––––––
Un sacco di uomini conobbero la pietà nella guerra, alcuni la conobbero e non riuscirono a conviverci, altri una chiusura totale dei sentimenti, spazzati via dalla guerra, tipo “chi se ne fotte”. Certi ripiegavano su posizioni di dura ironia, cinismo, disperazione, certi vedevano l’azione e si dichiaravano a favore, solo la mattanza poteva farli sentire così vivi. E altri semplicemente impazzivano, seguivano la freccia di luce nera oltre la curva e prendevano possesso della follia che era stata ad aspettarli laggiù fiduciosa per diciotto o venticinque o cinquant’anni. Ogni volta che c’era un combattimento avevi licenza di dar fuori di testa, a tutti è capitato almeno una volta di attraversare di scatto quella linea di confine e nessuno se ne accorgeva, era tanto se si accorgevano quando ti scordavi di riattraversarla.
––––––
* Frammenti tratti da Dispacci, Rizzoli, 2008.
Dispacci è un reportage sulla guerra del Vietnam pubblicato nel 1977 e scritto dal giornalista e sceneggiatore statunitense Michael Herr (1940 - 2016).
L'autore ha anche collaborato alla sceneggiatura di due capolavori del cinema, Apocalypse Now di Francis Ford Coppola e Full Metal Jacket, di Stanely Kubrick. Alcune delle storie che racconta nel libro sono finite nei due film.