Piccoli metallari, cacce tipografiche e fuoriclasse
un magazine online di cultura visiva — dal 2006
Questa settimana, su Frizzifrizzi abbiamo scoperto che:
— nel 1950 il grande type designer e calligrafo tedesco Hermann Zapf rimase a bocca aperta davanti a una lapide nella chiesa fiorentina di Santa Croce. Prese una matita e su una banconota da mille lire ricalcò la forma delle lettere della lapide. A partire da quelle creò il suo carattere più celebre, l'Optima;
— «Mi piace guardare, sono totalmente immersa nella dimensione visiva ed estetica, anche quella superficiale. E lo rivendico con orgoglio. Dato che, come affermava Arbasino, credo che l’originale si sia perso da tempo, e che tutti lavoriamo a tutti i livelli e in tutti i campi con del materiale che c’è già stato, io mi diverto incredibilmente a macinare e rimacinare come la semola tutto ciò che attira il mio sguardo» dice la designer e illustratrice Emi Ligabue;
— «se da adulto fai ciò che facevi quando avevi 10 anni, allora sei una persona felice» disse una volta qualcuno alla CBC;
— se a un bambino chiedi «Cosa ti viene in mente quando ascolti il metal?», quello potrebbe risponderti: «Un trattore»;
— Eddie the Eagle e The Phantom of the Open sono due film che raccontano le storie di altrettanti atleti, lo sciatore Michael Thomas Edwards e il giocatore di golf Maurice Flitcroft, assai scarsi nelle loro discipline ma pieni di motivazioni e di contagioso entusiasmo;
— Nasr City, oggi enorme quartiere del Cairo, doveva diventare la nuova capitale egiziana e il centro nevralgico dell’amministrazione centrale, al contempo risolvendo gli enormi problemi di sovraffolamento del centro del Cairo. Non è andata così.
Un esplorare
«La casa di Emi Ligabue è una scatola delle meraviglie colma di opere sue e di tutti i componenti della sua famiglia dove “ahinoi, non manca la creatività!”. Accanto ai suoi lavori ci sono tracce del fotografo Miro Zagnoli e delle figlie Olimpia, illustratrice e artista fra le più ricercate del momento, ed Emilia, eclettica costumista. Un luogo che conserva le esperienze di Emi, un’instancabile flâneur che ha passeggiato nel mondo dell’arte con estrema libertà, senza precludersi nessuna esperienza che la interessasse».
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Per la sua rubrica Viaggio intorno al mio studio, la nostra Giovanna Canzi è andata a trovare l'illustratrice e designer nella sua casa-studio milanese.
Un costruire
Un atelier galleggiante
Il sogno di Mark Hobson, quando aveva 10 anni, era di avere una casa sull'acqua e di lavorare in mezzo alla natura.
Oggi l'artista canadese è un pittore naturalista che passa le sue giornate in uno studio meraviglioso.
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Tobebuild: un archivio online di edifici in costruzione
Esiste dal 2016 ed è pieno di foto — di strutture famose e non — che risalgono fino a metà '800.
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Un ricostruire
«I ragazzi che hanno lavorato al progetto hanno individuato e fotografato le scritture per le vie fiorentine: con l’aiuto di libri e storici le abbiamo datate, cercato di capirne lo stile, la tecnica e le forme. Con software di grafica vettoriale sono stati realizzati i rilievi dei glifi ritrovati. Successivamente abbiamo provato a ricostruirne i caratteri mancanti realizzando l’intera famiglia di lettere e simboli, sia in maiuscolo che in minuscolo. Con questo processo abbiamo sino ad oggi ricostruito più di 300 famiglie di caratteri tipografici, che saranno presto utilizzabili su qualsiasi strumento digitale».
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Il nostro Tommaso Bovo è tra gli organizzatori di Florence Fonts, un progetto che va avanti da 7 anni e che ha coinvolto docenti, professionisti e oltre 150 tra studentesse e studenti di IED Firenze.
Un riscoprire
Il Klingsport type archive in digitale
Gli archivi dei fratelli Klingspor di Offenbach, in Germania — dove i due gestivano una grande fonderia tipografica —, sono stati digitalizzati nell'ambito di un progetto universitario che ha messo online un gran numero di “tesori” di tipografia e grafica.
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Un raccontare
«Secondo me, ognuno è campione a modo suo. Non c’è un archetipo del campione, come non c’è un cursus honorum del campione. Certo, ci ricordiamo bene chi ha vinto 19 medaglie di fila nel nuoto, però preferiamo i campioni che hanno delle cadute, che si rialzano o che vincono in maniera diversa. E poi un conto è essere campioni e un conto è la storia che racconti, e proprio a quest’ultima ci appassioniamo, a ciò che ci trasmette. Perciò la caduta e la redenzione, così come l’outsider, sono cose a cui ci sentiamo legati. Per questo motivo, nel libro, non abbiamo voluto mettere in evidenza le vittorie e le medaglie, ma quello che c’è dietro di loro, che ogni tanto è bello, altre volte meno, altre ancora è difficile e altre è triste».
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La nostra Giulia Ficicchia ha intervistato Federico Meda e Serena Mabilia, autore e illustratrice di Fuoriclasse, un libro illustrato che narra le storie di sportive e sportivi che hanno raggiunto grandi traguardi anche al di fuori dei campi e dei palazzetti.
Un reinventare
I bambini sono dei metallari inconsapevoli?
Ruggero Asnago ha coinvolto bambine e bambini nella reintepretazione di copertine di dischi metal e simboli e lettering delle band.
Il risultato è un libro pieno di ironia, fantasia e libertà.
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Come ogni lunedì
Il 2022 è stato soprattutto l’anno dell’invasione russa in Ucraina, del rincaro del gas, ma anche quello della morte della regina Elizabeth II e dell’acquisto di Twitter da parte del controverso Elon Musk.
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E inoltre
🎙️ Gabbie, un podcast su quelle fisiche, psicologiche e sociali.
Ne parla il nostro Federico Demartini ☞
🏢 Structures è un corto ispirato all'architettura modernista di Nasr City.
Che doveva essere la nuova capitale dell'Egitto ma l'utopia è invecchiata male ☞
📚 «Le conseguenze dell’arrivo dell’intelligenza artificiale nell’arte sono tantissime. Ma ce n’è una di cui si parla troppo poco: l’impatto sulla narrativa».
Un pezzo molto interessante di Francesco Spiedo su L'Indiscreto ☞
🖥️ Che cos'è l'estetica Frutiger Aero?
Ne parla Nicolò Porcelluzzi nella newsletter Medusa ☞
⌨️ Stanno per pubblicare un libro sulle tastiere.
Il titolo è meraviglioso: Shift Happens ☞
🥽 Le migliori invenzioni del 2022 secondo la rivista Time.
Sono 200, suddivise per settori ☞
🍎 C'è chi fa classifiche sulle migliori mele.
Le Fuji? Cibo da cavalli... ☞
🍸 «It’s expensive and bad for you. Please think twice before ordering».
Alcoholic Vodka è una vodka onesta (e furba) ☞
⛏️ Dal 2019 una piccola comunità di persone ha iniziato a studiare i modi per estrarre minerali preziosi e terre rare dal proprio corpo vivente.
Si chiamano Tiny Miners e hanno pure pubblicato un manuale che si può scaricare gratuitamente ☞
Bonus
L'invenzione dell'inverno* di Adam Gopnik
Di tutte le metafore naturali dell’esistenza che abbiamo a disposizione – la luce contrapposta al buio, il dolce all’amaro – nessuna pare più naturale del contrasto fra le stagioni: il caldo contrapposto al freddo, la primavera all’autunno e, soprattutto, l’estate all’inverno. Gli esseri umani producono metafore con la stessa naturalezza con cui le api producono il miele, e una delle nostre metafore più naturali è quella dell’inverno come periodo di abbandono e ritiro. Le più antiche metafore dell’inverno sono tutte centrate sulla perdita. Nella mitologia classica, l’inverno è il dolore di Demetra per il rapimento della figlia sottratta da Ade. In quasi tutte le altre mitologie europee è lo stesso: l’inverno è severo e l’estate è indulgente, com’è vero che il vino dolce è migliore del fondo dal gusto amaro.
D’altra parte, la predilezione per l’inverno, l’amore per i paesaggi invernali – la convinzione che a modo loro siano, per lo spirito e l’anima degli esseri umani, belli e seducenti ed essenziali né più né meno di una scena estiva – fanno parte della condizione moderna. Wallace Stevens, nella sua poesia «L’uomo di neve», chiamò questo nuovo sentimento «una mente d’inverno» e lo identificò con la nostra nuova disponibilità ad accettare un mondo senza illusioni, a vivere in un mondo che potrebbe avere un significato ma che non ha Dio. Una mente d’inverno, una mente per l’inverno – che non lo avverta come una perdita di calore e di luce e, insieme, della speranza di vita e della divinità, ma sia pronta a rispondergli come alla presenza positiva e addirittura purificatrice di un qualcos’altro, bello e pieno di pace, certo, ma anche misterioso, strano, sublime – è un’inclinazione moderna.
Io intendo «moderno» nello stesso senso in cui i più eminenti storici delle idee amano servirsi di questo termine per riferirsi non solo al qui e ora, ma anche al periodo storico che inizia verso la fine del Settecento, respira il fuoco emanato dai draghi gemelli delle due rivoluzioni, francese e industriale, e poi soffia ancora il suo alito di cenere almeno sino alla fine del Novecento, inspirando a fondo con i polmoni della scienza applicata e della cultura di massa. Un’epoca di sviluppo e un’epoca di dubbio. L’epoca in cui, come mai prima d’allora, in Europa e in America, il numero di persone che potevano riscaldarsi crebbe, mentre quello di chi aveva fede in Dio andava costantemente scemando: un periodo in cui, alla fine, i voti contro hanno avuto la meglio.
Io qui mi occuperò dei nuovi sentimenti suscitati dall’inverno in uomini e donne di quei tempi moderni: paura, gioia, euforia, fascino magnetico e misteriosa attrazione. Poiché essere moderni significa lasciare che fantasia e creatività svolgano gran parte del lavoro un tempo affidato a tradizioni e rituali, per certi versi l’inverno è la stagione più moderna, una stagione definita da assenze (di calore, foglie, fiori) che possono essere immaginate come presenze più singolari (di segreti, radici, focolari). Questa nuova idea dell’inverno si muove velocemente dai paesaggi gotici dei romantici tedeschi alle poetiche nevicate degli impressionisti, e dalle parabole natalizie ambientate nelle città di Charles Dickens alle visioni degli iceberg di Lawren Harris, per approdare a Nat King Cole che canta Baby, It’s Cold Outside. Il fascino dell’inverno, la sua aura romantica, stanno tutti nell’ultimo pasto di Scott al Polo e nella scarpa che Chaplin si mangia nello Yukon.
Non pretendo che questi cinque capitoli offrano qualcosa di simile alla completezza enciclopedica, ma solo le fissazioni di un saggista, cinque finestre fra le molte altre che potremmo aprire sulla storia della mente d’inverno.
* Estratto dal primo capitolo del saggio L'invenzione dell'inverno, di Adam Gopnik, Guanda Editore, 2016
Gopnik (1956) è uno scrittore e saggista statunitense. Scrive per il New Yorker dal 1986 e ha pubblicato diversi libri, vincendo premi prestigiosi.