Alberi, bulloni, aquile, maschere e arte drag
un magazine online di cultura visiva — dal 2006
Questa settimana, su Frizzifrizzi abbiamo scoperto che:
— la bandiera del Friuli, con l'aquila d'oro su campo azzurro, risale al '300 ed è una delle più antiche d'Europa;
— il termine drag, riferito al vestirsi da donna, apparve per la prima volta sul quotidiano inglese Reynold’s Newspaper nel 1870;
— fino a quasi metà '800 il giardinaggio e la floricoltura, in Inghilterra, erano prerogativa maschile. La passione iniziò a coinvolgere anche il pubblico femminile dell'alta società dopo l'uscita, nel 1841, di Practical Instructions in Gardening for Ladies, una guida firmata da Jane Webb Loudon;
— esiste un albero chiamato Albero diesel perché dal suo tronco si estrae una linfa ricca di idrocarburi che può essere impiegata al posto del gasolio;
— «MECCANICO PERICOLOSO INCLASSIFICABILE» scriveva Depero nelle prime pagine del suo famoso Libro imbullonato, riferendosi al libro stesso;
— secondo il designer francese Simon Renaud «la storia della tipografia è interessante, ma deve essere considerata un punto di partenza e non di arrivo. È importante conoscerla per stabilire una cultura comune, ma bisogna superarla abbastanza rapidamente per evitare di riprodurre forme anacronistiche».
Un omaggio a Depero
Un giorno, per caso, la giovane graphic designer riminese Silvia Amadei si è ritrovata a scrivere su un foglietto di carta la parola Depero. Da lì è nata l'idea di sviluppare un carattere tipografico ispirato al celebre Libro imbullonato pubblicato nel 1927 dall'artista futurista. ☞ L'ha chiamato Bullonato e ci ha raccontato come ci ha lavorato.
Un progettare
Un carattere tipografico dalle molteplici ispirazioni
Si chiama Augure, si rifà agli antichi alfabeti latini, alla scrittura onciale, alla crittografia e alle tecnologie digitali. L'ha progettato il designer francese Simon Renaud, che dice: «Se si parte dal principio che una lettera è arbitraria, ci si può prendere ogni tipo di libertà».
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I progetti ad alto tasso di sperimentazione di studentesse e studenti delle scuole creative svedesi
Quello nella foto, ad esempio, è un abito costruito con abitini per neonati.
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Delle acuile [sic]
L'associazione culturale friulana Creazioni Indigeste ha lanciato una call rivolta a chi si occupa di grafica, illustrazione, fumetto, collage, ma anche scrittura e poesia. L'invito è a reintepretare con il proprio stile uno dei simboli della “friulanità”, e cioè la Acuile dal Friûl, l'aquila d'oro che appare sulla storica bandiera del Friuli. ☞ C'è tempo fino al 28 febbraio per partecipare, e ne uscirà fuori una pubblicazione.
Delle piante
Le tavole di una rivista di botanica dell'800
Nel pieno della mania britannica per il giardinaggio e la floricoltura, George Beauchamp Knowles e Frederic Westcott pensarono di lanciare una pubblicazione a fascicoli dedicata soprattutto alle piante esotiche.
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Un arboreto su carta
Il nuovo, meraviglioso libro illustrato dell'artista britannica Katie Scott è dedicato agli alberi di tutto il mondo.
Visivamente spettacolare, è pieno di informazioni e curiosità
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Un travestirsi
Parliamo di due libri che, seppur in modo molto diverso, affrontano due argomenti affini: uno è dedicato alle maschere e tratta della loro evoluzione a partire dalla Commedia dell'arte, focalizzando l'attenzione sulla grafica, dal Seicento al Novecento; il secondo è un libro illustrato che parla della “arte del drag”, che ha una lunga storia e affonda le sue radici addirittura nella Grecia antica, con l’arte del mimo, e arriva fino a noi attraversando le epoche e i confini. ☞ Quello del travestimento, dopotutto, è un tema assai attuale in un'epoca in cui chiunque di noi ha, a portata di smartphone, un numero praticamente infinito di “filtri” coi quali modificare volti e corpi.
Degli albi
Cinque libri di Sébastien Mourrain
Il nostro Davide Calì presenta alcuni albi dell'autore francese, in attesa che anche in Italia inizino a tradurlo e a pubblicarlo di più.
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L'architetto David Romero li ha ricreati in digitale ☞
🛻 Auto “costruite” dall'Intelligenza Artificiale nello stile di alcuni tra i maggiori nomi dell'architettura.
Da Gaudì a Renzo Piano ☞
🛹 Delle tavole da skate ispirate a Charles & Ray Eames.
Eames Office x Globe ☞
🁢 Costruire un domino infinito.
Coi Lego ☞
🎨 Owen Wilson interpreterà un personaggio ispirato al grande Bob Ross.
Permanente compresa ☞
🐈⬛ Da dove vengono i gatti?
La storia dell'origine del gatto addomesticato è più complessa di quanto non sembri ☞
🔎 Chi è Waldo?
Un nuovo (super)motore di ricerca ☞
⛏️ Come funziona la ricerca e il salvataggio delle persone sopravvissute dopo un terremoto.
Un ottimo approfondimento illustrato sul sito della Reuters ☞
☄️ Gli oggetti celesti che stanno puntando verso la terra.
Ma non siamo ancora ai livelli di Don't Look Up ☞
🛩️ I cachet degli artisti che si sono esibiti a Woodstock nel '69.
Nel foglio non figura, ma Hendrix prese ben 50.000$. Santana, con 1.500$, meno di tutti ☞
Bonus
Il terremoto di San Francisco * di Fredrik Sjöberg
Nella tempesta di fuoco che si diffuse di isolato in isolato dopo il terremoto di San Francisco, il 18 aprile del 1906, andò distrutta una delle più belle collezioni naturalistiche d’America, pazientemente raccolta nell’arco di tre decenni dallo zoologo svedese Gustaf Eisen (1847-1940), che fu a lungo curatore della California Academy of Sciences.
Sparì tutto, anche le sue cose personali. Biblioteca, archivio, corrispondenza. Tutto. Dovette ricominciare da capo, a quasi sessant’anni. Certo, gli era già capitato in passato, e più di una volta, ma insomma…
Mi sono spesso chiesto come l’avesse presa. Si sarà messo a piangere?
Non credo. Non era il tipo. E per di più si trovava dall’altra parte del mondo quando avvenne la catastrofe: la notizia del terremoto e degli incendi la apprese dai giornali mentre faceva colazione una mattina sul golfo di Napoli. Forse la sciagura fu per lui una liberazione. Non è una certezza. Ho solo il sospetto. Già in vita Gustaf Eisen era un uomo cui era difficile avvicinarsi. Andava per la sua strada, come un gatto. Enigmatico ed evasivo.
«Eisen a cena», scrive Strindberg nel suo Diario occulto l’autunno di quello stesso anno. «Tra le altre cose mi ha detto che in America i terremoti sono annunciati dall’arrivo di uccelli: sono bianchi sotto e neri sopra, assomigliano alle beccacce, ma la specie è ignota e vengono chiamati uccelli del terremoto.»
Era l’ultima volta che Eisen tornava in Svezia.
Eisen è uno degli esseri umani più singolari in cui mi sia mai capitato di imbattermi. Forse anche uno dei più soli.
Lo studio dei lombrichi, cui si era dedicato nella prima metà della sua vita – il suo brillante sistema di classificazione era ammirato perfino da Darwin, che gli scrisse per ringraziarlo di persona – non era un’occupazione cui volesse tornare. Era finita ormai. La collezione se ne era andata, e anche la voglia. Me lo immagino a Napoli mentre si alza dalla sedia, si stiracchia e sembra annusare l’aria come un vecchio orso.
Decise che d’ora in poi avrebbe dedicato la sua vita alle perle di vetro. Aveva già fatto qualche passo in quella direzione. La sua idea era che le perle di vetro, che si trovano in tutti gli stadi dell’evoluzione culturale, dai fenici in poi, potevano rappresentare un buon criterio di datazione per l’archeologia. Ci lavorò per dieci anni. Viaggiava e viaggiava, instancabile. Visitava musei e collezionisti e dipingeva tutte le perle di vetro che vedeva. Tutte, ovunque. Era un bravo acquerellista.
Una bella giornata di primavera, cento anni dopo, trovai il manoscritto.
Le perle di vetro non sono soltanto una gioia per gli occhi, appassionanti da collezionare e in generale affascinanti. Studiate nel modo giusto sono anche di estremo interesse per l’archeologo che, come un moderno detective, può trasformare in storia e leggenda gli indizi sparsi ed enigmatici che forse all’inizio sono stati raccolti come frammenti privi di significato, ma che, nelle mani di chi è capace di comporre il puzzle, possono portarci in stretto contatto con coloro di cui stiamo cercando di ricostruire e capire la storia.
Ho visto anche gli acquerelli. Da più di mezzo secolo giacciono totalmente dimenticati in un archivio nel quartiere di Östermalm, a Stoccolma. Quarantamila: i più graziosi piccoli dipinti che ci si possa immaginare, organizzati con magnifica sistematicità, un intero universo in miniatura. Sul fatto se siano o meno utilizzabili non intendo pronunciarmi. Il lavoro non venne mai pubblicato. Lo impedì lo scoppio della guerra. E anche altro. Ricominciò da capo.
Perché uno non si arrende?
Che cos’è quel desiderio che lo spinge?
* Estratto dall'omonimo capitolo del libro Il re dell'uvetta, di Fredrik Sjöberg, Iperborea, 2016.
Sjöberg (1958) è uno scrittore, biologo ed entomologo svedese.
Dal sito di Iperborea: «dal 1986 vive sull’isola di Runmarö, un paradiso naturale di quindici chilometri quadrati al largo di Stoccolma, dove studia le mosche, di cui è diventato uno dei maggiori esperti. La sua collezione di sirfidi è stata esposta alla Biennale d’Arte di Venezia del 2009. L’originalità della sua scrittura, che fonde letteratura, riflessione e divulgazione con umorismo e poesia, ha ottenuto successo e riconoscimenti a livello internazionale. Dopo L’arte di collezionare mosche, caso editoriale in tutta Europa e nominato da The Times «Nature Book of the Year», Iperborea ha pubblicato Il re dell’uvetta, L’arte della fuga, Perché ci ostiniamo e Mamma è matta, papà è ubriaco».
Noi li consigliamo tutti.