Seta, parole, uccelli, insegne e poster polacchi
un magazine online di cultura visiva — dal 2006
Questa settimana, su Frizzifrizzi abbiamo scoperto che:
— in Giappone, l’addomesticamento dei bachi da seta iniziò a essere praticato intorno al II secolo d.C. Furono i cinesi a insegnare i metodi e, circa trecento anni più tardi, dalla Corea vennero importate le tecniche di tessitura e tintura;
— sul tetto del Tea Building, un edificio nel quartiere londinese di Shoreditch, si vede una grande insegna con la scritta TEA. Si tratta di caratteri derivati dalle lettere che si trovavano sulle casse di tè che arrivavano da oltreoceano, quando l’edificio era appunto uno stabilimento in cui si confezionava la celebre bevanda;
— oltre a essere un banchiere, un parlamentare, un barone e un ornitologo, Walter Rothschild mise in piedi la più grande collezione privata di zoologia del mondo intero;
— fu l'artista Jan Lenica a coniare l'etichetta Scuola polacca dei manifesti per indicare il movimento artistico che, tra gli anni '50 e '80, riuscì a ritagliarsi una certa libertà creativa e a sperimentare nell’ambito dell’illustrazione e della grafica, riuscendo anche a sbeffeggiare in maniera sottile il regime sovietico;
— «Il mio appartamento al terzo piano» ricorda la fotografa Tria Giovan parlando di quando andò ad abitare a New York negli anni '80 «aveva una splendida vista sull’angolo vivace e rumoroso di Clinton e Stanton Streets. La colonna sonora urbana era costituita da musica (in particolare merengue e salsa), combattimenti (organizzati o meno), chiacchiere e urla (per lo più in spagnolo) e riunioni di famiglia sulle scale antincendio dei vicini. Era come un’opera continua. Mi piaceva vivere lì»;
— a parte malattie come l’osteoporosi e la depressione, che negli ultimi anni sono state studiate soprattutto sulle donne, in medicina la diagnostica si basa quasi esclusivamente sulla fisiologia maschile.
Delle parole
Ci sono termini che hanno molto a che vedere con i diritti delle donne, con una parità che ancora manca e che non è universalmente condivisa. Sono espressioni come differenza diagnostica, violenze ostetriche, regretting motherhood e slut shaming. Per l'8 marzo, Alessandra Bruni e Davide Calì ne hanno scelte otto e le hanno affidate ad altrettante illustratrici, in un'iniziativa nata dalla collaborazione tra loro due, Frizzifrizzi e Hop Edizioni. ☞ Il risultato è 8xl'8, una serie di 8 illustrazioni che si possono anche acquistare.
Delle lettere
Quelle delle insegne e delle targhe di Hackney, a Londra
La casa editrice britannica Blue Crow Press ha lanciato la sua prima mappa a tema tipografico.
Propone un itinerario tra la “tipografia di strada” del borgo londinese.
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Quelle di una rivista che si... beve
Ideato dall'agenzia di comunicazione veneta design-associati, MagazWine è una nuova rivista “formato bottiglia”, che unisce letteratura, tipografia e buon vino. In ogni numero presenta un racconto, stampato sull'etichetta con diversi caratteri tipografici di una fonderia digitale. L'etichetta è stampata da una tipografia e il vino è prodotto da un'azienda del territorio.
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Un'antica tecnica
Si chiama kumihimo ed è la tradizionale arte giapponese di intrecciare fili colorati di seta per creare corde e trecce utilizzate per decorare abiti, armi, strumenti musicali, templi e arredi. Si pratica addirittura da 1500 anni e le tecniche, nel corso del tempo, sono rimaste pressoché le stesse. ☞ Ora, presso la Japan House di Londra c'è una mostra dedicata a quest'arte, e sono usciti alcuni video che mostrano tutto l'affascinante processo.
Dei viaggi nel passato
Nella New York “malfamata” degli anni '80
Nel 1984 la fotografa Tria Giovan si trasferì nel Lower East Side. Quando non lavorava, se ne andava in giro a fotografare.
Durante la pandemia si è messa a riordinare il suo archivio, ritrovando scatti mai sviluppati ed editati, che ora sono diventati un libro.
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Nella Polonia dell'era sovietica
Tra gli anni ’50 e gli anni ’80, sotto il dominio sovietico, le artiste e gli artisti polacchi trovarono una certa libertà nella creazione di poster. Fu in quel periodo che nacque la celebre “Scuola polacca del manifesto”, alla quale è dedicato un libro che permette di costruire una słup, cioè l’apposita colonnina a pianta circolare sulla quale venivano affissi i manifesti.
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Degli uccelli estinti
Walter Rothschild, rampollo della ricchissima e nobile famiglia di origine ebraica, all’epoca tra le più ricche in assoluto sul pianeta e tuttora al centro di svariate teorie del complotto, era un banchiere, un politico, ma soprattutto un ornitologo. Particolarmente sensibile al tema dell'estinzione degli uccelli, dedicò all'argomento un saggio, uscito nel 1907. ☞ Le tavole illustrate di Extinct Birds sono bellissime.
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Come ogni lunedì
La didattica a distanza imposta dal Covid19 ha creato molte situazioni inedite tra le mura domestiche, tra cui l’assistere alle lezioni dei propri figli a scuola. Forse per questo, stando a un quotidiano francese, ora che la scuola è tornata in presenza sembra diffondersi il bisogno dei genitori di continuare a controllare a distanza i propri bambini, attraverso le app.
VAI ☞
E inoltre
🎥 Le locandine dei film ridisegnate da Matt Needle.
Ci sono anche quelle di alcune delle opere candidate agli Oscar ☞
🧑🎨 Come approcciare la pittura, nei suggerimenti del grande Hayao Miyazaki.
Che è molto pragmatico, autoironico e preferisce strumenti semplici e poco costosi ☞
〰 La topologia “spiegata bene“ [cit.]
In un filmato del 1961 creato da Charles e Ray Eames per una mostra organizzata da IBM sulla matematica ☞
🌍 Un nuovo sito di notizie [in inglese] interamente dedicato a “the biggest story in the world”: la transizione climatica ed energetica.
Heatmap ☞
🎧 «I lovingly destroy your favorite songs».
Un account Instagram tutto da ascoltare ☞
🖥️ Mettere in scacco ChatGPT con una domanda.
«Name 10 philosophers» ☞
✍️ Tutti i segni del misterioso sistema di scrittura Lineare A.
Era utilizzato a Creta circa 4000 anni fa e tuttora rimane in gran parte indecifrato ☞
🐸 «Dalla sinistra radicale ci si aspetta che punti a conquistare, e non a disprezzare, i mezzi di produzione di cultura, come punta a conquistare i mezzi di produzione di beni».
Su Il Tascabile, Daniele Zinni scrive riguardo alla possibilità di fare un uso anticapitalista dei social media ☞
👺 Miniature delle assurde creature dei quadri di Bosch.
Su Kickstarter ☞
🍆 «In questo articolo parlerò del pene di Gesù e della vagina di Maria».
Su L'Indiscreto, Alessio Montagner scrive riguardo a gli organi riproduttivi nell’arte sacra e nella teoria teologica ☞
🍔 Panini rotanti.
Né più né meno di questo ☞
🚘 Contro i SUV.
Un breve documentario ☞
Bonus
Martedì * di T.H. White
Quando lo vidi per la prima volta era una cosa rotonda che assomigliava a un cestino per i panni sporchi coperto da una tela da sacco. Ma era esagitato e spaventoso a vedersi, repellente così come appaiono orribili i serpenti a chi non li conosce, o pericoloso come l'improvviso movimento di un rospo sulla soglia di casa quando si esce di notte nella rugiada alla luce di una lanterna. La tela era stata cucita con uno spago, e sotto lui balzava verso l'alto: bum, bum, bum, incessantemen-
te, suggerendo più di un pizzico di follia. Il cestino pulsava come un grosso cuore che battesse all'impazzata.
Ne uscivano agghiaccianti grida di protesta, isteriche, terrorizzate, ma furibonde e perentorie. Avrebbe mangiato vivo chiunque.
Immaginate com'era stata la sua vita fino a quel momento. Quando era un pulcino appena nato, incapace di volare, un batuffolo qua e là cosparso di minuscoli ciuffi di piume, insomma ancora quella specie di rospo screziato, palpitante e col becco spalancato che scopriamo in maggio nel gettare lo sguardo in un nido d'uccello; quando, per giunta, era un cittadino di Germania, un paese così lontano, e un uomo con una luce dura negli occhi era venuto al nido di sua madre e l'aveva preso e ficcato in un cesto simile a questo. Non aveva mai visto un essere umano, non era mai stato rinchiuso in quella sorta di scatola che sapeva di tenebra e di cosa artificiale e di tanfo d'uomo. Dovette essere come una morte, ciò che non possiamo mai conoscere in anticipo — mentre con gli artigli goffamente brancolanti in cerca di un punto d'appoggio, la sua baluginante coscienza di cucciolo s'ingobbiva e attorcigliava in quel posto bislungo, un ambiente alieno. Le voci gutturali, il buco che niente aveva a che fare con una dimora d'uccello, le ruvide mani squamose che l'imprigionavano, il secondo cesto, l'odore e il rumore dell'automobile, l'insopportabile, monotono fracasso dell'aeroplano che per tutto il viaggio fino in Inghilterra aveva costretto gli artigli a saltellare e slittare su quell'infido pavimento di tessuto: caldo, paura, rumore, fame, il rovescio della natura: con tutto questo da sopportare, terrorizzato, eppure nobilmente e follemente spavaldo, il giovane astore era arrivato nel mio piccolo cottage dentro il suo maledetto cestino — una selvaggia, immatura creatura che il padre e la madre nel loro nido d'aquila avevano nutrito con carne sanguinolenta ancora fibrillante di vita, uno straniero proveniente da una lontana terra scoscesa di pini neri, dove tutto il suo retaggio ancestrale era consistito di una minuzzaglia di frammenti di legno, una bianca poltiglia escrementizia e un pugno di ossi e piume sparsi ai piedi dell'albero. Era nato per volare, inclinandosi libero nel verde fitto di quell'altopiano teutonico, per uccidere con le sue zampe feroci e divorare con il ricurvo becco persiano, che adesso si alzava e abbassava nel cestino con una sorta d'imperiosa precocità: l'impazienza di un malconcio ma aristocratico erede del Sacro Romano Impero.
Raccolsi con grande cautela il cestino e lo portai nel granaio. Il cottage operaio in cui vivevo era stato costruito sotto la regina Vittoria, comprendeva un granaio, un porcile e un forno, e in passato era stato abitato da un guardacaccia. In quel bosco, molto tempo prima, quando gli inglesi vivevano i loro sport invece di competere in giuochi fasulli armati di tediosi, cervellotici bastoni da cricket e racchette da tennis e mazze da golf, come fanno oggi, il guardacaccia che viveva nel cottage aveva allevato i suoi fagiani. Allora non esistevano le reti metalliche, e le finestre del basso granaio venivano chiuse con assi di legno incrociate e inchiodate, in modo da formare un graticcio a rombi. Posai Gos nel granaio, ancora nel suo cestino, e stavo spaccando la testa di un coniglio per raggiungere il cervello quando si presentarono due amici la cui triste occupazione avevo ultimamente condiviso; erano venuti per portarmi un'ultima volta al pub. Il falco uscì dal cestino con le ali già irrobustite, andando a sbattere contro le travi del tetto; intanto il suo padrone, entrambe le mani armate con un doppio paio di guanti di cuoio, si acquattò sul pavimento — e poi non ci fu più tempo. Avevo pensato di bloccarlo subito con un paio di geti, ma s'involò prima che riuscissi a raccogliere le idee; e solo quando il gran fascio di giovani penne si posò su una trave mi avvidi che i geti li aveva già. Chiamano così le pastoie che si mettono sulle zampe. I geti al tarso, ma non il sonaglio. Appollaiato in cima al granaio del vecchio guardacaccia, sinistro e mirabolante, lo lasciai a quietarsi mentre noi tre c'incamminavamo verso il pub per una specie di ultima cena: a tavola nessuno era così impaziente di essere traslato quanto il commensale in dipartita.
* Estratto dal primo, omonimo capitolo de L'astore, di T.H. White, Adelphi, 2016.
Terence Hanbury White (1906-1964) è stato uno scrittore britannico. È conosciuto soprattutto per una serie di romanzi su Re Artù, Re in eterno, mentre L'astore è un “oggetto letterario” piuttosto bizzarro nella sua bibliografia. Nel libro, White racconta in prima persona di quando provò ad allevare il rapace, ordinato dalla Germania nel 1937, dopo aver letto ed essere rimasto affascinato da un trattato secentesco di falconeria.