Copertine, carta washi, revival folk e tavole botaniche
Questa settimana, su Frizzifrizzi abbiamo scoperto che:
— la celebre carta washi giapponese, un prodotto di altissima qualità adoperato in molti ambiti — dalla calligrafia alla stampa, dalla pittura al packaging, dagli ombrelli alle lampade, fino alle tipiche porte scorrevoli —è stato introdotto nel paese dalla Corea tra il 710 e 794;
— nella Giamaica di inizio '800 si poteva guadagnare bene vendendo abiti e oggetti alla moda provenienti da Londra;
— in un numero della rivista Domus del '54, Ettore Sottsass scrisse riguardo al “gusto per il rustico”, che era iniziato negli anni ’30: «Una reazione alle materie lucide e cellophanizzate del ’20, ai vestiti di lamé, alle brillantine, agli smalti delle automobili scoperte in quegli anni: che nasce da un certo amore per tutto quello che è mediterraneo, da Capri al Marocco, dalla Sicilia alla Tunisia, e per il colore del mare caldo, del cielo limpido del meridione; un amore che poi comprende non soltanto il Mediterraneo ma le cose rustiche e ruvide di tutti i Mari del Sud e delle calde isole del mar dei Caraibi, e le coste del Messico, e i deserti dell’America meridionale; un amore per tutte le cose fatte con le mani e corrose dai secoli, dal sole e dalle sabbie bollenti; un amore per i colori violenti e vecchi, per le materie dolci e granulose, per le paste tenere e fragili»;
— interrogato sul perché la maggior parte dei libri pubblicati usi come font il Garamond, Riccardo Falcinelli sostiene che i caratteri siano come le pantofole: «il lettore per poter leggere senza fatica ha bisogno di consuetudini consolidate» dice. «Se tu vuoi leggere una cosa come I fratelli Karamazov, ti devi trovare comodo, e da questo punto di vista il Garamond è l’equivalente di una pantofola: le persone lo conoscono bene, sono abituate a quelle “scarpe” e per questo lo leggono velocemente. Possiamo dire che i lettori forti sono tipograficamente molto conservativi, amano utilizzare le pantofole che hanno da sempre».
Un'idea di grafica
«Le copertine servono prima di tutto ad orientare i lettori: ogni anno in Italia vengono pubblicati migliaia di volumi, il pubblico a colpo d’occhio riconosce, senza concettualizzare, qual è un saggio filosofico, un libro di cucina o un thriller, solo dal tono grafico, senza neppure leggere i titoli, e così all’interno di una libreria si orienta. In secondo luogo i libri servono a far intravedere quello che può raccontare un libro, la storia, l’atmosfera. E infine la copertina serve anche a costruire un oggetto per abbellire delle case: pochi lo tengono in considerazione, ma se il libro è un oggetto allora la grafica editoriale è anche una forma di arredamento». ☞ Il nostro Tommaso Bovo ha intervistato Riccardo Falcinelli, designer, docente e scrittore, progettista specializzato nella grafica editoriale.
Dei “dietro le quinte”
Un archivio su carta
A fine 2022, l'azienda veneziana di bicchieri di design in vetro Laguna~B ha deciso di chiudere il proprio account Instagram, raccogliendo in un libro tutte le immagine postate in un anno.
La nostra Giulia Ficicchia ha intervistato il direttore artistico.
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Degli incontri
Print Club Torino e Graphic Days® hanno organizzato una serie di cinque incontri con altrettanti studi di comunicazione visiva torinesi, per scoprire come lavorano, qual è la loro filosofia progettuale, dove prendono le ispirazioni...
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Un orto botanico in forma di libro
Nato in Giamaica da una famiglia britannica, William Jowett Titford studiò a Londra e poi, nei primi dell'800, tornò nei Caraibi per fare il contabile. Lì cominciò ad arrotondare lo stipendio vendendo abiti, accessori e profumi provenienti dall'Europa e, soprattutto, si appassionò di botanica. Diventò corrispondente della Society for the Encouragement of the Arts, Manufactures and Commerce di Londra, che pubblicò un suo volume illustrato dedicato alla flora nordamericana. Frutto di numerosi viaggi per il continente, il libro doveva essere il preludio a un'opera molto più lunga e ambiziosa. Che però non si fece mai. ☞ Le belle illustrazioni sono tutte opera sua.
Delle tradizioni
Produrre la carta washi giapponese con le antiche tecniche
Un video mostra tutte le fasi di produzione della Etchu Washi, un tipo di carta che si fa più o meno nello stesso modo da centinaia di anni, a partire da due piante: il gelso e l'aibika.
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Arte e design contemporanei ispirati al folklore
In reazione all’immaterialità del digitale e al potere della globalizzazione di uniformare gusti ed estetiche, il lavoro di ricerca — negli studi creativi come nelle università, sulle scrivanie di chi fa design come negli atelier di artiste e artisti — è andato spesso a guardare indietro, alle radici, con l’intento di ritrovare nel passato gli ingredienti per costruire il futuro.
Un libro raccoglie alcuni esempi da tutto il mondo.
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Un progetto sull'inclusione
«Per sviluppare le tematiche affrontate da Purple Red Illustrated metteremo a confronto illustratrici e illustratori con persone dal vissuto interessante e, attraverso i loro racconti, insieme a loro, si svilupperanno tutte le illustrazioni che compongono la nostra guida. Per il primo esemplare di Purple Red Illustrated, dedicato al tema Corpi Percorsi, sono state coinvolte decine tra associazioni e persone diverse da tutta Italia». ☞ Davide Calì ha intervistato i due fondatori e la fondatrice di Ocarina, giovane realtà che sta raccogliendo fondi per realizzare una guida/rivista illustrata che racconti la società di oggi.
Degli albi
5 libri di Noemi Vola
«In un panorama editoriale che vede spesso nei libri uno strumento per insegnare qualcosa ai bambini, quelli di Noemi Vola si distinguono per la volontà opposta, quella di divertire sfrenatamente!» scrive il nostro Davide Calì.
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Come ogni lunedì
Negli ultimi anni il mondo della moda sembrava aver scoperto inclusività e body positivity, facendo sfilare modelle plus size (oltre la taglia 44).
Ora, dalle passerelle delle collezioni inverno 2023-24, sembra che il trend sia svanito e le modelle siano tornate alle taglie convenzionali.
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E inoltre
✂️ Una newsletter interamente dedicata all'arte del collage.
Collé ☞
👁️ Una visualizzazione in 3D del Panopticon.
Progettato dal filosofo utilitarista e liberale Jeremy Bentham nel 1791, il Panopticon doveva essere la “prigione perfetta” ☞
🙋 Un video spiega chi sono i soggetti di alcuni quadri famosi.
Dai contadini di American Gothic alla ragazza con l'orecchino di perla ☞
🪷 Ai Weiwei ha creato coi Lego un enorme omaggio a Monet.
Ci sono voluti 650.000 pezzi ☞
🤏 Sette sculture cinetiche.
Fatte coi Lego ☞
🔢 I numeri dall'1 al 100 estrapolati da altrettante canzoni.
Un megamontaggio ☞
💬 «Userò il passato remoto per dire che nacqui nel 1949 e crebbi nel centro della Roma barocca, prima che i pellegrini devoti fossero sostituiti dai turisti automatici, e prima che i gatti sparissero da vicoli e piazze insieme ai cascherini, che cantavano pedalando sui loro tricicli da carico durante la consegna mattutina del pane alle trattorie».
Una bellissima intervista di Andrea Bellini a Luigi Serafini (ma, attenzione, non si parla del celeberrimo Codex Seraphinianus) ☞
⏳ Che cos'è il lungotermismo, la filosofia bizzarra (e forse pericolosa) di cui si sta parlando molto.
Ne scrive Andrea Daniele Signorelli su Il Tascabile ☞
🍽️ «Tecnicamente si tratta di ristoranti virtuali: esiste l’idea, esiste il menù, esistono i piatti, esistono la cucina, i cuochi e le cuoche che ci lavorano. Ma non c’è la sala, non ci sono i tavoli, le sedie, non c’è la porta, non c’è il bancone, soprattutto non ci sono i camerieri».
Su Lucy si parla delle ghost kitchen ☞
Bonus
Un africano del Fuladu a Bologna * di Jean Talon
Diawné Diamanka è un cantastorie fulbe, un'etnia diffusa in tutta l'Africa sub-sahariana e composta prevalentemente da pastori nomadi. Nel 1988 fu invitato a trascorrere un periodo a Bologna da un gruppo di antropologi europei, in modo che potesse compiere delle osservazioni etnografiche sugli usi e costumi del nostro mondo.
Pur essendo un viaggiatore per indole e tradizione, prima di allora Diawné non era mai uscito dall'Africa, non parlava nessuna lingua oltre la sua, e non era mai salito su un aeroplano. Riporto qui alcune delle cose che Diawné ha visto nel nostro mondo.
Giunto a Bologna, per prima cosa Diawné ha notato che le nostre case sono simili a quelle delle termiti, che la vita qui è molto cara, e che tutti vanno in giro di gran fretta. «Le persone si incrociano per strada senza parlarsi, non si vede nessuno che rida, e in giro si vedono solo dei bianchi e neanche un nero» diceva Diawné.
Diceva che per strada si vedono ogni tanto uomini o donne che vanno in giro legati a un cane, e questa per lui era una novità assoluta. Certuni portano il cane sottobraccio, poi entrano in un negozio a comprargli del cibo, e ogni tanto gli parlano.
I cani guardano gli uomini ma non rispondono, e invece di rispondere spesso lasciano uscire un po' di escrementi. Quelli che li portano a spasso non ci fanno nessun caso, però non sopportano che qualcun altro lasci cadere neanche un pezzo di carta per strada. Ma non tutti i cani sono come questi che vanno a spasso con uomini legati al loro collo, e servono soltanto a sporcare le strade. Ce ne sono anche certi che guidano i ciechi, dunque sono utili e non sporcano. Un'altra cosa strana di queste parti è che, quando uno si soffia il naso nel fazzoletto, poi si arrotola bene il suo muco nel fazzoletto e lo conserva accuratamente nella tasca.
Ad accoglierlo a Bologna Diawné ha trovato la signora Marcato, che era molto gentile con lui e lo ha presentato a molte persone. Un giorno la signora Marcato lo ha invitato in un teatro dove c'era un concerto. Questa era la prima volta che vedeva un concerto. «Ho visto suonare dei piccoli violini dal suono triste in una grande sala » diceva Diawné «Nella sala ci saranno state almeno trecento persone, ma nessuna parlava, non si è sentito neanche uno starnuto. lo mi sono detto che quella gente doveva essere profondamente colpita dal suono triste dei piccoli violini.»
Un'altra volta due ragazze hanno invitato Diawné a visitare il cimitero, che lui chiama «il villaggio della verità». Qui ha capito che ci sono abitudini diverse nel trattare i morti, e anche modi differenti per diventare immortali a Bologna e nel Fuladu. Nel cimitero ha visto una stanza tutta illuminata da un fuoco, e le ragazze gli hanno spiegato che alcune persone vogliono essere lì bruciate e ridotte in cenere dopo la morte. Dunque quella stanza è l'inferno, e l'inferno esiste veramente a Bologna.
* Estratto dall'omonimo capitolo di Incontri coi selvaggi, di Jean Talon, Quodlibet, 2016.
Talon (1964) è stato redattore della rivista Il Semplice. Ha tradotto opere di Henri Michaux e Georges Perec. È autore (con Ermanno Cavazzoni) di Vite grame dei pittori del Po (Radio 3); è membro dell’OpLePo (Opificio di Letteratura Potenziale).