Alberi, parassiti, albi illustrati e design per la politica
Dal ritorno del nucleare ai postumi della tempesta Vaia
Questa settimana, su Frizzifrizzi abbiamo scoperto che:
nei territori colpiti dalla tempesta Vaia, l’Università di Padova sta facendo ricerca usando dei sistemi satellitari che si chiamano LIDAR e che permettono di vedere se sono caduti degli alberi in zone che non sono visibili e dunque poi intervenire, attivando le amministrazioni locali e simili, perché dalla caduta degli alberi dipendono frane e valanghe;
«la politica richiede tempi velocissimi, soprattutto in campagna elettorale: non ci sono sabati o domeniche, non ci sono orari e ogni volta che cerchi di dare una regola sai che quella regola verrà stravolta dalla realtà della campagna. Le campagne elettorali sono qualcosa di veramente massacrante» sostiene Carlotta Latessa;
la Francia vorrebbe impiantare almeno 8 nuove centrali nucleari (ne ha già 56).
Una tragedia (che) continua
fotografia • interviste • tempesta vaia
«Io ho fotografato un momento, che ha un prima e un dopo che non si ferma. Con Vaia identifichiamo una notte, ma ciò che l’ha provocata continua».
☞ Giulia Ficicchia ha intervistato il fotografo Matteo de Mayda sul suo progetto There’s no calm after the storm, che sta per diventare un libro e che racconta le conseguenze a lungo termine della tempesta Vaia, tra ricerche scientifiche, indagini sul territorio e parassiti che continuano a colpire le piante.
Un design come atto politico
design • interviste
[Nell’immagine: FF3300, strategia e campagna di comunicazione digitale “Essere moltitudine”, Arci Nazionale, 2023.]
«Crediamo che il design sia un atto politico. Il designer è un intellettuale che attraverso il proprio lavoro influisce sulla realtà. Siamo prima di tutto persone, lavoratori, e per noi il lavoro non dovrebbe mai farci andare contro i nostri principi di esseri umani».
☞ Tommaso Bovo ha intervistato Carlotta Latessa, Alessandro Tartaglia e Nicolò Loprieno dello studio barese FF3300.
Degli atomi
lazy news • illustrazione
Lazy News è la nostra rubrica dedicata a notizie di ieri che forse possono aiutarci a capire l’oggi.
Curata da Davide Calì, è illustrata da Irene Bidello.
☞ Nella nuova puntata si parla del ritorno del nucleare nelle strategie dei paesi europei.
Un talento umoristico
libri • illustrazione • cinque
«Oliver Jeffers in questi anni ci ha regalato libri davvero bellissimi e, devo dire, mai ripetitivi».
☞ Il nostro Davide Calì consiglia cinque albi illustrati dell’autore e illustratore australiano-irlandese.
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E inoltre
🍇🍐 «Nel corso dei secoli, gli artisti hanno ritratto cucine e tavole imbandite per rappresentare potere, amore, religione e aspirazioni della loro società».
☞ Su Lucy, la storica dell’arte Greta Plaitano presenta una piccola guida alle nature morte per leggere le immagini oltre ciò che mostrano.
🗺️ Una rubrica di It’s Nice That che ospita i punti di vista di designer di tutto il mondo sulla scena relativa alla comunicazione visiva nelle rispettive città (finora Tokyo, Mumbai, Lagos e Il Cairo).
☞ The view from…
🐍 «Si sta male, quindi, ma meglio non dirlo: la retorica del valore aggiunto lombardo ha sempre la meglio».
☞ Su Il Tascabile, Ilaria Padovan e Graziano Gala scrivono di miserie e malesseri della “regione più ricca d’Italia”.
🚽 La “sbobba” prodotta dall’AI sta invadendo il web.
☞ Spam, junk … slop? The latest wave of AI behind the ‘zombie internet’, sul Guardian.
◼︎ Il cubo di Rubik compie 50 anni.
☞ Wallpaper* ha intervistato il suo creatore.
⚙️ 6 veicoli Lego motorizzati.
☞ Contro 6 ostacoli.
🕹️ Giochi di infanzia mai esistiti.
☞ Tipo il Cannibal Family Dinner Set di Lego.
🌷 La vita di Yoko Ono.
☞ Un’animazione della serie Becoming an Artist di Tate Kids.
🐈 Un gatto sul tetto.
☞ (Chi ha paura delle altezze, passi oltre.)
Bonus
Che cosa dobbiamo agli altri?1
di Daniela Piscitelli
Nell'intervento che Susan George ha tenuto nel 2003 presso le Oxford Amnesty Lectures, la storica attivista dei diritti umani si è chiesta — e ha chiesto a tutta la platea — “che cosa dobbiamo agli altri?”.
L'attivista nella sua lecture conduce una feroce disamina degli effetti che ha prodotto la globalizzazione sostenendo che se si “permetterà alla globalizzazione neoliberista di continuare la sua opera, la politica dovrà occuparsi di un problema mortalmente serio: la sopravvivenza”, raggruppando, sotto questo cappello, tutte le questioni legate agli effetti della globalizzazione. L'attivista, infatti, sostiene che, andando all'osso di tutte le questioni, il vero problema sarà quello dei diritti umani, e, nello specifico, chi dovrà sopravvivere e chi no. Sottintendendo, con questa affermazione, la disparità di possibilità di sopravvivenza che hanno i popoli e le comunità ‘garantite’, rispetto a tutti gli altri. Una separazione — il noi dagli altri, questi da quelli — diffusa su scala planetaria e che non solo è alla base del conflitto sociale, ma che è strettamente collegata alla questione ambientale […]. È una visione estrema del futuro, è vero. Ma che contiene una tragica quanto concreta visione della realtà. Nel domandarsi allora «Cosa dobbiamo agli altri?» la George mette al centro della questione non la necessità di erogare sostegno ‘agli altri’, al mondo degli esclusi o dei più deboli, bensì “la difesa e la creazione di una società più inclusiva, nella quale le persone abbiano diritti, compreso il diritto di inclusione così come è formulato nell'art. 25” della Carta dei Diritti Umani, che recita: “Ognuno ha diritto a un tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il benessere proprio e della sua famiglia, con particolare riguardo all'alimentazione, al vestiario, all'abitazione, alle cure mediche e ai servizi sociali necessari; ognuno ha diritto alla sicurezza in caso di disoccupazione, malattia, invalidità, vedovanza, vecchiaia e in ogni altro caso di perdita dei mezzi di sussistenza per circostanze indipendenti dalla sua volontà (...)”.
Susan George mette quindi al centro del suo discorso le ragioni per le quali la globalizzazione abbia prodotto, oltre a tutti gli effetti elencati nel primo capitolo di questo scritto, oltre a tutte le emergenze ben tassonomizzate nei 17 punti dell'Agenda 2030 delle Nazioni Unite, soprattutto un mondo di ‘esclusi’, prima ragione di tutte le emergenze sociali contemporanee, facendo proprie le teorie di Perkins e Vogel. Ma, allo stesso tempo, riconosce a questo fenomeno non la sovrannaturalità di una condizione dettata aprioristicamente, bensì il risultato dell'azione degli uomini e, come tale quindi, ribaltabile.
Il design della comunicazione, in questo senso, gioca un ruolo centrale, diventa cesura riflessiva, ma anche ‘spazio’ comune per facilitare processi di comprensione, di avvicinamento e di gestione delle fragilità del nostro tempo. Diventa piattaforma di condivisione, utile sia all'interno delle comunità scientifiche, per lo scambio delle informazioni, sia all'esterno come strumento per costruire coscienze e conoscenze, divulgare dati, best pratice, suggerire soluzioni. Diventa strumento di ascolto e amplificatore di necessità. Diventa dispositivo culturale per smantellare pregiudizi facendosi tramite per la costruzione di culture della civiltà e scenari di vita sostenibili, solidali, equi. Diventa traduttore per connettere contesti culturali globali a contenuti individuali, locali e anche discordanti.
Il designer, in questo senso, ha una responsabilità enorme, perché nel suo essere un ‘sismografo’ dell'esistente, registra e tiene traccia, legge e interpreta e, quindi, può fare emergere un'idea di futuro; e nel suo essere un ‘trafficante di significati’, condensa l'informazione in un contenuto culturale e, quindi, progetta spore per incidere sulla realtà.
Estratto dall’omonimo capitolo conclusivo di First Things First. Comunicare le emergenze, di Daniela Piscitelli, LISt Lab, 2019.
Piscitelli è architetta, designer e docente. È stata ideatrice e responsabile scientifica e organizzativa di AWDA Women in Design Award, segretaria generale e vice-presidente di ico_D e presidente di AIAP. Si occupa di design della comunicazione con un focus sulla comunicazione per l’emergenza, l’ecologia visiva e sui linguaggi e le culture visive del contemporaneo.
io vi amo. senza se e senza ma