Questa settimana, su Frizzifrizzi abbiamo scoperto che:
«cos’è il racconto? Nel modo più elementare, è il susseguirsi di un prima e di un poi, un misto inestricabile di temporalità e di causalità. La scrittura, per il suo stesso introdursi nello spazio del supporto (pietra o foglio), assume a titolo proprio la natura di sequenza: leggere è accettare, sin dall’avvio, il racconto» sosteneva Roland Barthes;
secondo Giulia Natale, il fine nobile del digitale è far sì che si possa leggere in tanti modi, aiutando a costruisce autonomia nella lettura: «le chiamano “espansioni” ma sono soprattutto l’espansione di un diritto, il diritto a leggere buone storie»;
per realizzare le sue opere, l’artista giapponese T-Zuan disegna un’immagine, la scansiona, inverte negativo e positivo sul suo computer, stampa il risultato, lo trasferisce sulla superficie da incidere e poi, con sgorbie e taglierino, procede con l’incisione dei vari elementi, che infine inchiostra e compone sul foglio, livello dopo livello;
esiste un calamaro pigiama.
Un reportage del Pride di Milano
reportage • illustrazione • milano pride
L’ha realizzato l’artista multidisciplinare Daniele Catalli, che ha riempito un intero taccuino di disegni.
☞ Si può vedere integralmente sul nostro sito.
Un alfabeto urbano
eventi • arte & design • tipografia • civitanova marche
«Guardare la città e la sua forma mutevole figlia di un tempo per risalire al suo alfabeto, alla sua unità di senso, ricercando nell’immediatezza del carattere tipografico una possibile chiave di lettura».
☞ Si è aperta ieri, a Civitanova Marche (Mc) la quarta edizione del Tabula Rasa Visual Arts Festival.
Un timbrare
arte & design • linocut • video
Tra le tecniche di stampa manuali, la lineoleografia è certamente una tra le più accessibili: richiede poco spazio, si può praticare tranquillamente a livello casalingo, non necessita di materiali e strumenti particolarmente costosi.
☞ Nei video dell’artista giapponese T-Zuan tutto sembra semplicissimo, ma in realtà è frutto di un grandissimo lavoro.
Un summit di stampatrici e stampatori
eventi • tipografia • arte & design • milano
30 tra stampatrici, stampatori e designer da mezzo mondo a lavorare gomito a gomito, in completa autogestione, durante tre indiavolate giornate all’insegna di inchiostri, sudore, carta, rumori meccanici, risate e storie da raccontare tra (o durante) una stampa e l’altra.
☞ Si chiude oggi, a Milano, la tredicesima edizione di Letterpress Workers.
Un pianeta lontano
lazy news • illustrazione
Lazy News è la nostra rubrica dedicata a notizie di ieri che forse possono aiutarci a capire l’oggi.
Curata da Davide Calì, è illustrata da Irene Bidello.
☞ Nella nuova puntata si parla di un esopianeta a 31 anni luce da noi, teoricamente vivibile, ma solo per metà.
Una nuova collana
libri • illustrazione
Garantire la lettura e la letteratura a tanti tipi di lettori è, per un editore, una scelta impegnativa, costosa e responsabile, e i risultati sono variabili. Serve a poco esaminare le pubblicazioni non riuscite, vale la pena invece esplorare editori “inclusivamente” ostinati.
☞ Giulia Natale parla della collana MuMu della casa editrice Telos.
Dei cefalopodi
libri • illustrazione • cinque
«Ho una passione segreta (ora non lo è più) per i cefalopodi, i polpi in particolare. Adoro la loro capacità mimetica e quella di cambiare letteralmente assetto per nuotare piattissimi oppure camminare sui fondali».
☞ Il nostro Davide Calì consiglia cinque albi illustrati a tema polpi e affini.
Frizzifrizzi è sempre stato e sempre rimarrà gratuito.
Si tratta di un progetto fatto con amore e con impegno. La volontà è di continuare a farlo cercando di tenere al minimo la pubblicità.
Per questo ti chiediamo una mano — se vorrai — con una piccola donazione.
Potrai farla su PayPal.
Ti ringraziamo già da ora.
E inoltre
⚓️ Imprigionato a Guantanamo senza accuse per oltre 20 anni, Moath al-Alwi trova conforto e gioia nel realizzare intricati modelli di navi con materiali ritrovati.
☞ A Ship From Guantánamo, un corto documentario del New York Times.
💌 Il linguaggio “segreto” dei francobolli.
☞ Nel periodo vittoriano, gli innamorati comunicavano anche con il modo in cui appiccicavano i francobolli. Metterlo a testa in giù, ad esempio, significava «ti penso sempre».
📷 La zona di Brick Lane, a Londra, prima della gentrificazione.
☞ Nelle foto di Paul Trevor, scattate negli anni ‘70.
🛜 Com’era il web nel 1994.
☞ Un piccolo viaggio nel tempo.
🇳🇴 La campagna di promozione turistica di Oslo è un piccolo capolavoro di antifrasi.
☞ Is It Even a City?
📍 «La verità geografica, come dice [Robert] Adams, è banale, e si riduce alla didascalia che geolocalizza il luogo; mentre credo che le altre due verità siano di particolare interesse, perché quando si parla di fotografia di paesaggio si pensa erroneamente che il fotografo in alcun modo sia coinvolto nella sua parte personale, nella verità autobiografica. Invece per quel che mi riguarda, queste fotografie sono senz’altro metafore che parlano della mia visione dei luoghi, del mio tentativo di comprendere parti del mondo e pertanto contengono inevitabilmente questioni autobiografiche».
☞ Su Antinomie, Mario Zanchi sul suo libro Mirabilia, pubblicato da Corraini, e sul progetto Atlas Italiae.
🌍 Il nucleo terrestre ha rallentato così tanto da aver iniziato a muoversi nel senso contrario.
☞ Ma, a quanto pare, gli effetti sulle nostre vite sono insignificanti.
💪 «Motion blur, tipografia appuntita e gilet: analizziamo le illustrazioni chiave dei film d'azione del passato e indaghiamo se sono cambiati, con una cosiddetta crisi della mascolinità alle porte».
☞ Su It’s Nice That.
Bonus
Il contesto fantastico1
di Rocco Rossitto
In quel capolavoro che è la Grammatica della fantasia, Gianni Rodari parla, nel Capitolo 4, de “Il binomio fantastico” come possibile marchingegno per dar vita alla favola partendo da due elementi, due parole, per generare qualcosa di fantastico appunto.
Rodari racconta di un esercizio che più volte, da maestro, ha fatto fare ai suoi allievi. A un bambino chiedeva di scrivere una parola da un lato della lavagna; a un altro un’altra parola dal rovescio della stessa. In uno di questi venne fuori l’accoppiata cane e armadio, tra le risate dei bambini della classe. Se a queste due parole, suggerisce Rodari, aggiungiamo una preposizione, si crea un legame, un legame fantastico: “Il cane con l’armadio; L’armadio del cane; Il cane sull’armadio; Il cane nell’armadio e così via”. Questa è una materia prima grezza da cui poter attingere per creare il resto della storia.
Seguendo questo suo insegnamento, ripercorrendone in tutto e per tutto il percorso, ho più volte utilizzato le associazioni fantasiose per ricreare contesti fantastici che possano aiutare il racconto di marca, soprattutto quando ciò avviene in maniera visuale e fotografica.
Che la parola storytelling sia la più abusata e spesso fraintesa nel nostro mondo della comunicazione è cosa ben nota. Spesso si sente dire “facciamo un po’ di storytelling”, come a dire “raccontiamo un po’ la vita in azienda o il passato della nostra azienda”. Io intendo lo storytelling più come una tecnica, un modo in cui decido di dire una cosa, utilizzando appunto il racconto o, dove possibile, la favola intesa come ambiente non per forza aderente al reale.
Al di là del ruolo che la parola storytelling ha assunto anche fuori il linguaggio professionale, per esempio in quello giornalistico o politico, ciò su cui voglio porre l’accento è la possibilità di creare contesti non per forza ancorati alla realtà per poter comunicare attraverso le immagini (ma non solo). Dico volutamente “la possibilità” perché è una chiave di lettura la mia, una scelta di campo e prospettiva, non una regola aurea da dover seguire e da dover seguire sempre. Non una strada obbligata, ma una scelta da dover valutare a seconda dei casi e spesso da mescolare all’ordinario.
Mi piace, non mi piace
Quando si decide di utilizzare il linguaggio visuale e fotografico nella propria comunicazione, soprattutto all’interno di un media sociale come Instagram, l’errore metodologico più grande che si possa fare è quello di ridurre tutto a un “mi piace” o “non mi piace”. La componente emotiva in una foto è indubbiamente una componente fondamentale e questa ha sicuramente più valore quando andiamo a una mostra o quando guardiamo un album di famiglia. Ma quando siamo delle aziende e stiamo costruendo la nostra narrazione per immagini, l’emozione non basta. È necessario scendere in profondità e comprendere come il linguaggio visuale e fotografico si esprime, come cioè un’immagine comunica. Per il semiologo Roland Barthes, per esempio, la fotografia comunica quando l’aspetto denotativo si unisce a quello connotativo. Quando cioè c’è un intento comune tra ciò che vedo e il suo messaggio.
Senza dover per forza dare un giudizio di merito, ma l’abbondanza di immagini a cui siamo stati esposti e di cui siamo produttori dall’avvento degli smartphone prima e dalla diffusione di Instagram poi, ha indebolito la forza che la fotografia ha da sempre esercitato anche nelle attività di comunicazione. Ridurre tutto a ciò che ci piace o meno, quando utilizziamo la fotografia per comunicare, implica una limitazione di vedute che non tiene conto dell’importanza della comunicazione implicita. Qui parliamo di immagini, ma questo vale anche per i testi presenti nella vita quotidiana delle aziende, sempre più deboli dal punto di vista comunicativo.
Se l’estetica di un’immagine rimane un parametro fondamentale, ma in quanto tale soggettivo, è sul messaggio che dà l’insieme di frammenti visivi che immettiamo in Rete, che dobbiamo concentrarci. Fenomeni come il foodporn vanno esattamente in direzione opposta (quella della popolarità): tendono a colpire solo sul lato estetico quando va bene, svuotando di senso l’aspetto comunicativo.
Estratto dall’omonimo capitolo di Dire qualcosa non vuol dire avere qualcosa da dire, di Rocco Rossitto, Apogeo/Feltrinelli, 2024.
Rossitto (1980) ha avuto quarant’anni ma poi ha smesso. Al lavoro di advisor e consulente di comunicazione freelance affianca interventi in convegni di settore, in corsi di formazione, in master universitari. Insegna Storia e Teoria dei Nuovi Media presso Abadir, Accademia di Design e Comunicazione Visiva a Catania. Dal 2014 cura Una cosa al giorno, una longeva newsletter per persone curiose (a cui nel 2024 si è aggiunto il generatore casuale di link per stimolare il piacere della scoperta casuale e una Mappa Fantastica). Nel 2022 ha creato micros - un festival piccolissimo. Nel 2023 ha pubblicato Perdersi in Rete e nel 2024 Dire qualcosa non vuol dire avere qualcosa da dire, per Apogeo/Feltrinelli.
Grazie, è bello esserci!