Questa settimana, su Frizzifrizzi abbiamo scoperto che:
il pavimento di marmo a mosaico del museo londinese Young V&A risale all’800 e in origine fu realizzato dalle detenute del carcere di Woking;
in un volume pubblicato nel 1888 in occasione del centenario della fondazione di Cincinnati, troviamo elencate le virtù che deve avere un buon inchiostro da stampa: «non deve imbrattare; deve mantenere il suo colore; deve distribuirsi facilmente; deve funzionare in maniera pulita e asciugare rapidamente; deve coprire uniformemente la superficie da stampare; non deve essere appiccicoso; il suo colore deve essere fine e duro; deve attaccarsi facilmente alla superficie da stampare»;
nel 1900 (tondo tondo) Vienna era la quarta città europea per popolazione, dopo Londra, Parigi e Berlino. Aveva quasi 1,8 milioni di abitanti (oggi ne ha pochi di più), mentre all’epoca Milano ne contava appena mezzo milione e Roma poco più di quattrocentomila;
nel 2017 diventarono virali dei video girati a Mumbai che mostravano dei cani completamente azzurri, dal muso alla coda. Si scoprì che la causa erano le acque di un fiume, dove venivano riversati gli scarichi delle tinture indaco di un’industria manifatturiera della zona.
Dei pattern
Koloman Moser fu uno dei padri della cosiddetta Secessione viennese e del modernismo, oltre a essere tra gli artisti più attivi nella vita culturale della capitale dell’Impero austro-ungarico a cavallo tra ‘800 e ‘900.
☞ Tra le sue molte opere c’è un portfolio, pubblicato nel 1901, pieno di straordinari pattern. Molte delle tavole si possono anche scaricare gratis.
Dei poster di inizio ‘900
Nel periodo del “boom” della stampa litografica, le aziende produttrici di inchiostri si facevano la “guerra” sulle pagine delle riviste di settore con coloratissimi poster pubblicitari.
☞ Tra il 1903 e il 1907 la Queen City Printing Ink Company di Cincinnati ingaggiò l’illustratore e fumettista Augustus Jansson.
Dei colori
«Non più tardi di 150 anni fa, la maggior parte delle persone avrebbe avuto una certa familiarità con i materiali che producono i coloranti, anche se non potevano permetterseli. Abbiamo perso un’alfabetizzazione del colore conquistata a fatica che era stata guadagnata in millenni di sperimentazione e ricerca. Recuperare questa conoscenza non significa solo comprendere il passato, potrebbe essere uno dei modi in cui possiamo affrontare molte delle questioni sociali e ambientali che dobbiamo affrontare oggi».
☞ Da anni l'artista e designer Lauren MacDonald studia le storie dei pigmenti naturali e le tecniche per utilizzarli. Ora all’argomento ha dedicato un bellissimo libro: In Pursuit of Color.
Delle matite
La Kita-Boshi è una storica azienda giapponese di cancelleria.
Le sue origini risalgono ai primi del ‘900, quando realizzava soltanto le doghe in legno dalle quali venivano ricavate le matite.
☞ Un video mostra tutto il processo di produzione dei lapis.
Un museo a misura di bambine e bambini
Espone oltre 2000 oggetti, che risalgono fino al 2300 a.C. e arrivano alle più moderne tecnologie ludiche. Tre le gallerie principali — Play, Imagine e Design — e periodicamente saranno ospitati eventi e mostre, la prima delle quali inaugurerà a ottobre e sarà dedicata al Giappone.
☞ Dopo tre anni di lavori è stato riaperto, con un nuovo nome — Young V&A — il museo londinese dedicato all’infanzia.
Un festival
Una mostra, dei workshop, delle installazioni urbane, la portfolio review, degli incontri, la mostra mercato di oltre 20 belle realtà editoriali, artistiche e artigianali, e un film.
Il piccolo festival Tabula Rasa, sul lungo mare di Civitanova Marche, cresce ogni anno di più.
☞ È stata inaugurata ieri la terza edizione. Il tema di quest’anno è “Geografie Urbane”.
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Come ogni lunedì
☞ Germania, Olanda e Francia sono a un passo dalla recessione economica e rischiano trascinare con loro il resto dell’Europa. Forse però la situazione potrebbe essere controbilanciata dai PIGS, acronimo molto poco nobile, coniato negli anni Novanta per indicare Portogallo, Italia, Grecia e Spagna, ovvero i paesi europei con le economie maggiormente instabili.
E inoltre
🔡 Keyword.
☞ Nuovo giochino-droga del Washington Post.
🔠 Un piccolo pezzo interattivo che illustra alcuni concetti base sui caratteri tipografici.
☞ Anche questo sul Washington Post.
🪨 «Secondo molti studiosi, nell’arte paleolitica entrava in gioco un’esperienza del “sacro”, e di fronte alle immagini si svolgevano riti d’iniziazione».
☞ Su Il Tascabile c’è un lungo e interessante articolo di Paolo Pecere sulla pittura rupestre.
🏞️ Togliendo i personaggi, rimangono gli sfondi.
☞ Un video analizza l’arte dei background dei Looney Tunes.
🎭 La messa in scena della "messa in scena" messa in scena dai migliori a mettersi in scena.
☞ Un’auto-video-intervista di Antonio Rezza e Flavia Mastrella, su Lucy.
🪕 Il museo degli strumenti musicali immaginari.
☞ Dalla “Macchina dei suoni” di Roald Dahl al “Temporal Interceptor” di Black Mirror.
📖 «Prima regola del contesto culturale italiano: non si parla male del contesto culturale».
☞ Ancora su Il Tascabile, la copywriter e attivista di Redacta Silvia Gola parla del pessimo stato in cui versa la “vita letteraria” al tempo della rete.
⛲️ Un parco pubblico meraviglioso.
☞ A Chorzów, in Polonia.
✾ Denys Fisher, l’inventore dello Spirograph.
☞ Un breve documentario del ‘77 della BBC.
Bonus
Domenica, 7 settembre 19241
di Virginia Woolf
È una vergogna che io non scriva niente, o, se scrivo, che scriva in modo così sciatto, usando nient’altro che participi presenti. Ma li trovo assai utili nell’ultimo tratto della Signora Dalloway. Ci sono arrivata: alla festa, finalmente, che dovrà avere inizio in cucina e lentamente risalire in tutta la casa. Dovrà essere un pezzo estremamente complicato, brillante e solido, che annodi insieme tutto e termini su tre note, ai diversi piani della scala, e ciascuna esprima qualcosa che riassuma Clarissa. Chi dirà queste cose? Peter, Richard e Sally Seton forse: ma per il momento non voglio impegnarmi. Ora penso che questo potrebbe essere il migliore dei miei finali e forse venirmi bene. Ma devo ancora rileggere i primi capitoli, e confesso di temere la parte sulla pazzia; e di apparire troppo abile. Comunque ora so che devo lavorare di piccone su questa mia vena se non altro perché le metafore mi vengono liberamente, come vengono qui. Mettiamo che si potessero mantenere, in uno scritto compiuto e composto, le qualità di un abbozzo. Ecco ciò che tento di fare. Ad ogni modo, nessuno può più intralciarmi né aiutarmi. Ho avuto anche uno scroscio di complimenti dal Times, Richmond mi ha piuttosto commossa dicendo che dà la precedenza al mio romanzo con la miglior volontà del mondo. Mi piacerebbe che leggesse i miei racconti, e immagino sempre che non lo faccia.
Stavo dunque navigando nel più alto etere a me noto, e pensando che avrei finito giovedì; ma Lottie accenna a Karin che noi saremmo lieti di ospitare Ann; Karin interpreta il mio cortese rifiuto a proprio vantaggio e viene giù anche lei, sabato scorso, mandando tutto a scatafascio. Mi faccio sempre più solitaria; la sofferenza di questi sconvolgimenti è incalcolabile; e nemmeno posso spiegarla... Eccomi qui, con la mia settimana in rovina (perché quanto è stata serena e bella, come una notte lappone, la nostra ultima settimana insieme!), sentendo che dovrei andare in casa e fare la buona zia, il che non è nelle mie corde; e dovrei chiedere a Daisy che cosa vuole; e secondo giustizia riempio questi attimi fino all’orlo, con la festa della signora Dalloway che vorrei scrivere domattina. L’unica soluzione è rimanere qui sola, dopo giovedì, e tentare la fortuna. Una cattiva nottata (anch’essa opera di K.) può esserne la spiegazione parziale. Ma con quanta interezza vivo nella mia immaginazione; come dipendo assolutamente da zampilli di pensiero che mi vengono mentre cammino, mentre mi siedo; cose che roteano nella mia mente, componendovi un incessante corteo, che dovrebbe essere la mia felicità. Una mistura del genere non va d’accordo con la gente insignificante. Ma adesso devo finirla con queste lamentazioni anche perché non ci vedo, e le mani mi tremano, perché ho portato la mia borsa fin qui da Lewes, dove sono rimasta seduta sulla cima del Castello, dove un vecchio spazzava le foglie e mi ha detto come guarire la lombaggine: ti devi allacciare intorno al corpo una matassa di seta: la seta costa tre pence. Ho visto le canoe inglesi e il più antico aratro del Sussex, 1750, trovato a Rodmell, e un’armatura completa che dicono sia stata indossata a Seringapatam. Di tutto questo mi piacerebbe scrivere, credo. E naturalmente i bambini sono creature meravigliose e incantevoli. Ho avuto qui Ann che parlava della foca bianca e voleva che leggessi per lei. E come faccia Karin a mantenere quel distacco non so. C’è nella loro mente una qualità che trovo adorabile; restare sola con loro e vederli giorno per giorno sarebbe una straordinaria esperienza. Hanno ciò che non ha nessun adulto — quell’immediatezza — e ci-ci, ci-ci, ci-ci, continua Ann, in un mondo tutto suo, con le sue foche e i suoi cani; felice perché stasera le danno la cioccolata e domani va a cogliere le more. Alle pareti della loro mente sono appese cose talmente brillanti, talmente vivide; e lei non vede quello che vediamo noi.
Pagine tratte da Diario di una scrittrice (minimum fax, 2019), che contiene una selezione estrapolata dai diari originali di Virginia Woolf.
La grande autrice britannica — una delle penne più brillanti della letteratura di tutti i tempi — tenne un diario a partire dal 1915 fino a pochi giorni prima di togliersi la vita, il 28 marzo del 1941. Il marito, Leonard Woolf, decise nel 1953 di pubblicarne degli estratti in un volume.