Questa settimana, su Frizzifrizzi abbiamo scoperto che:
«tra le numerose pubblicazioni finora uscite che trattano di pittura decorativa» scriveva nel 1914 l’editore di un libro di modelli per insegne, «è da notare che la pianta, il fiore e le linee ornamentali occupano un posto preponderante. Sono stati stilizzati o interpretati in molteplici modi per la decorazione di pannelli, soffitti o superfici parietali; in una parola, nella maggior parte di questi lavori, servivano come elemento principale per la composizione dei disegni. Esiste però un tipo di decorazione molto interessante che purtroppo sembra essere stata troppo dimenticata; ci riferiamo all’Emblema. Il risultato è che i pittori commerciali, essendo molti di loro scarsamente documentati per gestire questo lavoro, si trovano piuttosto in imbarazzo nel soddisfare le richieste dei propri clienti»;
«il mio obiettivo è non lasciare impronte. Tutto quello che vedi è il lavoro dell’artista. Sono solo un’altra matita. Sono solo un altro pennello. Ma voglio che la matita sia temperata molto bene. Voglio che il pennello sia di zibellino» dice il grande incisore statunitense Jacob Samuel;
«allontaniamoci dalla retorica del “siamo tutti uguali”: valorizziamo un’idea di abilità/disabilità che abbraccia la differenza e sfida il concetto di normalità» è l’invito che gli organizzatori del concorso Posterheroes hanno lanciato alle designer e ai designer che dovevano realizzare dei poster sulla disabilità.
Dei template d’epoca
tesori d’archivio • design • insegne • lettering
Un catalogo del 1914 pubblicizzava i pochoir dei modelli di insegne commerciali. Dei veri e propri template per i sign painters dell’epoca.
☞ Il libro, Attributs au pochoir: Modèles d’enseignes et inscriptions, si può sfogliare e scaricare sulla piattaforma Gallica.
Dei poster
design • disabilità
Il concorso internazionale Posterheroes ha selezionato le 40 opere vincitrici della nuova edizione.
☞ Quest’anno il concorso era dedicato al tema della disabilità.
Dei tatuaggi in stile Bic
in punta di penna • interviste • tatuaggi
«Chi tatua, come me, in Bic style, utilizza la macchinetta da tatuaggi come se fosse una penna Bic. Dirti come rendere l’effetto mi è impossibile, per me è naturale, penso di tatuare con una penna in mano».
☞ Per la rubrica In punta di penna, Davide Calì ha intervistato il tatuatore Renzo Bertolotti, in arte Reno.
Un’ultima volta
incisione • video
Nei suoi 48 anni di carriera nel mondo dell’incisione, Jacob Samuel ha lavorato con nomi come Ed Ruscha e Marina Abramović, Jannis Kounellis e Anish Kapoor, John Baldessari e Barry McGee, Meredith Monk e Giuseppe Penone.
☞ Ora ha deciso di andare in pensione e — in occasione di una grande mostra che il MoMA gli ha dedicato — si racconta mentre realizza la sua ultima opera.
Una rivista
stampa • riviste
«Dalle botaniche alla creazione di libri, dai pattern alle marionette, è tutto qui: le conversazioni tra artisti provenienti da un’ampia gamma di Paesi, laboratori e studi ci offrono una visione più approfondita della comunità della stampa nel suo complesso. Spero che qualcosa in queste storie di printmaking possa aiutare voi e la vostra pratica in qualche modo».
☞ È uscito il nuovo numero di Pressing Matters, la rivista dedicata alle arti della stampa.
Una mucca e un ubriaco
mai guidare con un orso in macchina • illustrazione • leggi assurde
C’è una strana legge, nel Regno Unito, che riguarda mucche e persone che hanno alzato un po’ il gomito.
☞ La nuova puntata della rubrica dedicata alle leggi più assurde, illustrate da Gloria Di Bella.
Degli animali insoliti
cinque • libri • illustrazione
«Di recente, forse a causa dell’inflazione di pony e coniglietti, sempre più animali insoliti diventano protagonisti di storie per bambini».
☞ Davide Calì consiglia 5 albi illustrati che hanno come protagonisti degli animali insoliti.
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E inoltre
🏆 Ieri si è tenuta la premiazione della quinta edizione dell’AIAP Women in Design Award.
☞ È il premio biennale dedicato alle donne che lavorano nella comunicazione visiva.
✍️ I lavori realizzati per l’edizione di quest’anno dell’Inktober.
☞ @inktober.
🗺️ La mappa di Utopia.
☞ La disegnò nel ‘500 il cartografo Abraham Ortelius seguendo la descrizione di Thomas More. [via Una cosa al giorno]
🚰 Sarebbero solo 50, in tutto il mondo, i paesi in cui si può bere acqua dal rubinetto.
☞ Sì, siamo tra quelli, o perlomeno lo siamo al 97,8%.
🗽 Una dettagliatissima mappa dei quartieri di New York.
☞ Realizzata chiedendo alla gente del posto e all’amministrazione.
🚗 «Ma qui non passa mai nessuno?».
☞ Le strade più solitarie di ogni stato degli USA, su Atlas Obscura.
🐶 Alcune delle proposte per la nuova bandiera dello stato del Minnesota.
☞ C’è pure la foto di un cane… [via Link molto belli]
🙈 Animali comici.
☞ Le foto finaliste dell’ultima edizione dei Comedy Wildlife Photography Awards.
🍰 Il programma tv The Great British Bake Off ha messo online tutte le ricette di ogni edizione.
☞ Sono centinaia.
Bonus
La lettera utensile1
di Claude Marzotto Caotorta
Con tanti strumenti oggi a disposizione per scrivere e riprodurre i nostri testi, una piccola stamperia artigianale non sembra soddisfare alcuna necessità pratica. Costruirne una, poi, ha tutta l'aria di un'impresa di bricolage estremo, una sorta di attentato al buon senso. Se di delitto si tratta, il movente va cercato nell'ambito del passionale: un'attrazione per la lettera mobile, promessa tattile di scritture latenti, sfida le convenzioni dell'efficienza meccanica o digitale per tornare alla conquista del carattere-strumento, l'alfabeto-attrezzo, la lettera-utensile.
Laddove dispositivi sempre più complessi si fanno carico e modellano il nostro agire e comunicare, la manualità permane come rivendicazione di un diritto alla conoscenza diretta. Il vero destino dei giocattoli meccanici è sempre stato quello di finire smontati dai bambini, curiosi di appropriarsi del mistero degli ingranaggi per farlo entrare nel proprio gioco.
Il culto dell'accessorio digitale, giocattolo contemporaneo per tutte le età, pretende rimuovere questo istinto empirico per imporre la contemplazione della prodezza tecnica, guardare e non toccare: ma dove la vista si limita a scivolare sulla superficie dell'universo, la mano rimane l'organo, ancor prima che di creazione, di conoscenza. “La presa di possesso del mondo esige una sorta di fiuto tattile”, rifletteva Henri Focillon, che della mano compose un Elogio. “Lo spazio non si misura con lo sguardo, ma con la mano e il passo”.
La scrittura, in quanto forma, è misura e qualità dello spazio. Le tecnologie digitali hanno immensamente avvicinato immagini e tipografia, tra loro e all'utente, riportando in primo piano l'espressività dei caratteri. Ciò che sfugge allo schermo, però, sono proprio la scala della misura e le qualità della forma, il loro mutare a seconda della materia che la accoglie, dello strumento che la traccia. A sorpresa, sul confine di nuovo labile tra parola e immagine la supremazia dell'alta definizione vacilla e cede infine al fascino della consistenza fisica dei materiali — forse l'ultimo, irriducibile baluardo dell'analogico.
Per ritrovare la forza comunicativa dell'esperienza — o esperimento — della scrittura, del gesto che imprimendosi nella materia si traduce in segno, è lecito di tanto in tanto mettere da parte gli agi preconfezionati della videoscrittura e ingegnarsi altrimenti, alla ricerca di strumenti capaci di aiutare la mano senza sostituirla. Ovunque, un apposito accessorio si è premurato di colmare gli imprevisti che costituivano il gioco imponderabile tra l'utensile, la mano e il supporto: non resta dunque che frugare tra vecchi procedimenti o affidarci all'immaginazione, inventare a partire da residui.
Nella sua semplicità, la scelta di un timbro da premere su una superficie può ancora rivelare ai sensi l'inequivocabile metamorfosi del suono in forma.
Dai tipi della stampa meccanizzata fino alle font digitali, i caratteri sono stati assorbiti da sistemi sofisticati senza i quali il loro uso e persino la loro esistenza sono diventati impensabili. Oggi la tipografia costituisce uno dei tanti accessori dei sistemi informatici, dispositivi — basti pensare alle comuni stampanti — che offrono il privilegio del fai-da-te a condizione di rispettare rigide gerarchie di prodotti e sottoprodotti di marca, al ritmo incalzante di un forzato aggiornamento. L'accessorio è efficiente nello specifico quanto ottuso o inutilizzabile al di fuori del contesto tecnico cui appartiene; la routine tecnologica, intesa come circuito chiuso a qualsiasi interferenza, tende a ripiegarsi su se stessa. C'è da supporre che l’ibridazione del pacchetto digitale con strumenti di altro genere sia una procedura non solo possibile ma necessaria a qualsiasi espressione creativa.
Questo libro vuole dare un piccolo contributo alla pratica del lettering offrendo qualche suggerimento pratico e spunti sparsi di divulgazione storica.
Negli ultimi anni, ridimensionatasi l'estetica digitale, forme artigianali di scrittura sono tornate a inserirsi con un certo successo nella produzione grafica; eppure gran parte dell'odierno “fatto a mano” risente di una scarsa dimestichezza con le tecniche di stampa e la storia delle arti grafiche, conoscenze senza le quali tutto si riduce a fenomeno estetico e superficiale assai più che sperimentale. Oggi la scelta a disposizione sembra rimbalzare tra disegno a mano ed elaborazione digitale dell'immagine: la sopravvivenza di altri procedimenti è conservata in rari, specifici laboratori d'antiquariato grafico... l'idea dei “proto tipi” è invece quella di portare i caratteri da titolazione della stampa tipografica su una qualsiasi scrivania, magari di fianco al laptop, a portata di mano per piccole tirature come per la scansione digitale.
Estratto dall’omonimo capitolo di Proto Tipi. Farsi una stamperia, di Claude Marzotto Caotorta, Stampa Alternativa & Graffiti, 2007.
Marzotto Caotorta (1981) ha conseguito un dottorato di ricerca in Industrial Design and Multimedia Communication al Politecnico di Milano e ha insegnato in diverse università in Italia e all’estero. Insieme a Maia Sambonet ha fondato a Milano studio òbelo.
Proto Tipi sviluppa le idee presentate dall’autrice nella sua tesi discussa nel corso di laurea in Design della comunicazione al Politecnico di Milano.