Questa settimana, su Frizzifrizzi abbiamo scoperto che:
Aristotele consigliava di dare ai bambini dei sonagli, «perché usandolo non rompano gli altri oggetti di casa»;
alle 8.15 del 6 agosto del 1945, Akiko Takakura era appena arrivata al lavoro: aveva 19 anni e da pochi mesi era stata assunta dalla Banca di Hiroshima. Mentre stava pulendo i tavoli, a 300 metri da lì esplose in cielo “Little Boy”, la prima bomba atomica sganciata su un città. Akiko sopravvisse;
dal 1956 a oggi, le nomination per il David di Donatello come miglior regista, sono state solo nove per le registe donne. Quante di loro hanno vinto? Zero.
A Cannes, in 76 edizioni, sono solo tre le Palme d’oro assegnate a una donna.
Per gli Oscar alla regia, invece, le nomination sono otto… su 476.
Una “semana de arte”
arte • madrid
«Fino a qualche anno fa a Madrid la settimana dell’arte era sinonimo di ARCO, fiera d’arte contemporanea che ospitava gallerie ed espositori di tutto il mondo, e quà e là in città c’erano alcune piccole fiere alternative che chiamavano a raccolta nomi legati a circuiti underground. Nel 2024 Arco c’è ancora — quest’anno la 43esima edizione ha ospitato oltre 1.300 artisti — e le sue cosiddette “sorelle minori” sono cresciute e camminano sole sulle loro gambe».
☞ La nostra Simona Spinola è andata a Madrid per la settimana dell’arte.
Dei ritratti
illustrazione • cinema • mostre • parma
Una mostra — accompagnata da incontri e laboratori — con i ritratti di 24 registe del passato e del presente, realizzati da 8 illustratrici italiane.
☞ Fino al 14 aprile, a Parma.
Un giocare
design • libri
Un volume in doppia lingua — francese/inglese — dedicato a uno dei più antichi giocattoli, il sonaglio, e in particolar modo a quelli progettati e prodotti nel ‘900 da designer che si sono particolarmente interessati alla prima infanzia.
☞ Hochet, un inventaire de formes è curato dalla designer, collezionista ed editrice francese Carole Daprey.
Un sopravvivere
animazione • video • hiroshima
Frutto di una serie di conversazioni registrate con Akiko Takakura — che è stata una delle sole 10 persone che si trovavano entro 500 dallo scoppio della bomba atomica di Hiroshima a sopravvivere — Obon è un corto di animazione che prende il nome dalla tradizionale festa buddhista-confuciana che onora la memoria dei defunti, e che diventa un escamotage narrativo per sviluppare la storia su due piani temporali: un presente in cui la protagonista è ormai una signora molto anziana che si aggira in una città in cui i ricordi si materializzano a partire dai luoghi; e il passato, che, prima della bomba e del calvario che ne seguì, attraversa l’infanzia.
☞ Ne consigliamo la visione a un pubblico adulto: è un colpo fortissimo — al cuore, alla pancia, alla testa.
Delle verdure
lazy news • illustrazione
Lazy News è la nostra rubrica dedicata a notizie di ieri che forse possono aiutarci a capire l’oggi.
Curata da Davide Calì, è illustrata da Emanuela Carnevale, in arte Brodino Digitale.
☞ La settima puntata parla di veganesimo.
Degli albi
libri • illustrazione • cinque
«Non so davvero come sia possibile ma in più di cinquanta puntate di questa rubrica non ne ho ancora dedicata una al talentuosissimo autore e illustratore Chris Haughton».
☞ Il nostro Davide Calì consiglia 5 albi del pluripremiato autore e illustratore irlandese.
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E inoltre
💽 «Le etichette discografiche stanno optando sempre più per immagini generate dall’Intelligenza Artificiale piuttosto che per la collaborazione con i creativi, e ciò sta dividendo le opinioni tra artisti e ascoltatori».
☞ Se ne parla su It’s Nice That.
✍️ «Aiuta a disegnare l'animazione flipbook più lunga di sempre. È come il gioco del telefono, ma visivo».
☞ Un esperimento in corso, su The Pudding.
💒 Le bizzarre architetture delle chiese di Kerala, in India.
☞ Una serie fotografica del duo tedesco Haubitz+Zoche.
🐄 I titoli d’apertura del SXSW 2024 Film & TV Festival.
☞ Opera dello studio Coat of Arms.
💇🏽♀️ Una celebrazione dei lunghissimi capelli delle donne e delle ragazze dell’America Latina.
☞ Las Pelilargas, di Irina Werning.
☠️ Death Valley: la Valle della Morte, dall’alto.
☞ Una serie fotografica di Mitch Rouse.
🚮 «In realtà le emissioni di un individuo non sono tanto legate alla sua nazionalità quanto al suo specifico strato sociale».
☞ Un estratto di Manifesto ecosocialista, di Paul Magnette, su Il Tascabile.
😄 In occasione della Giornata mondiale della felicità (20 marzo), NPR ha chiesto a foto-giornaliste e foto-giornalisti di inviare degli scatti che comunicassero felicità.
☞ Can a picture make you happy?
🇫🇮 È la Finlandia il paese più felice del mondo (almeno secondo il nuovo World Happiness Report). Il meno felice è l’Afghanistan. Israele è 5º. La Palestina 103ª («Nel caso dell’attacco del 7 ottobre contro Israele e della successiva guerra tra Israele e Hamas, l’indagine in Palestina è stata effettuata all’inizio dell’anno e l’indagine su Israele dopo la presa degli ostaggi ma prima di gran parte della guerra successiva» spiega la ricerca).
☞ L’Italia è 41ª, subito dopo Malta e appena prima del Guatemala.
🇵🇸 🇮🇱 «L’attuale governo di Israele si è messo fuori da ogni idea di legalità, di ragione storica o geopolitica. È, su altri piani, la stessa condizione in cui Hamas ha agito dal 7 ottobre. Erano diversi i percorsi verso la violenza di Hamas e del governo di Israele, ed erano diverse le linee di confine tra il concepibile e l’abominevole. Una volta varcate quelle linee, col favore delle tenebre, sia Hamas che il governo di Israele ci hanno fatto piombare in un orrore innominato».
☞ Nicola Lagioia, su Lucy, parla del conflitto in corso e di come lo stiamo vivendo (e “tifando”).
Bonus
Piante domestiche1
di Mike Maunder
Per migliaia di anni abbiamo utilizzato le piante, di solito i fiori e le foglie, per sottolineare il susseguirsi delle stagioni o per distinguere i giorni consacrati nel calendario religioso, per portare fortuna e prosperità alle case e per rendere omaggio alla componente coreografica della vita. Molto probabilmente questo rapporto risale alle sepolture preistoriche e oggi continua a crescere alimentando il mercato dei fiori recisi che vale un miliardo di dollari. Numerose società antiche usavano piante vive per decorare i complessi templari e i palazzi: un esempio di questa abitudine è rappresentato dalla regina-faraone Hatshepsut (1507-1458 a.C. circa) che organizzava spedizioni di ricerca nella remota località di Punt (probabilmente l’attuale Somaliland) per trovare l’albero dell’incenso (Boswellia spp.) da coltivare nei suoi templi. Il caso di Hatshepsut non testimonia soltanto l’uso antico di organizzare la ricerca di piante in natura, ma dimostra la pervasività del culto dell’esotico che tuttora alimenta la nostra passione per la coltivazione delle piante. La parola «esotico» è in ultima analisi derivata dalla parola greca exo («esterno») e si riferisce ai prodotti e ai materiali che provengono da altri luoghi o da altre culture. L’esotico è connotato come qualcosa di estraneo e allettante, ma anche sinistro e stravagante e, particolarmente importante per le piante da interno, fa pensare ai Tropici. Per molti di noi, le piante di casa rappresentano un frammento accessibile dei paesi caldi, lontani ed esotici.
Per un cittadino del XXI secolo annoiato e privo di entusiasmo è difficile immaginare l’impatto straordinario delle prime piante tropicali esibite nella Londra elisabettiana. A quel tempo possedere qualcosa di esotico conferiva un’aria sofisticata al proprietario, che metteva in mostra la propria esperienza mondana e dimostrava di avere accesso a qualcosa di raro, meraviglioso e costoso. Oggi esistono ancora piante da interno esclusive e difficili da reperire, ma la maggior parte è facile da trovare, economica e viene spesso acquistata in modo impulsivo. Qualche volta ne entriamo in possesso grazie a scambi non di denaro ma di talee e semi, un fenomeno che sottolinea il ruolo delle piante come depositarie della storia personale di ognuno di noi. In alcuni casi le piante vivono con noi per decenni, altre volte vengono trattate alla stregua di decorazioni temporanee che finiscono per essere gettate via, come dimostra il triste destino delle molte stelle di Natale che perdono le foglie, e dei ciclamini appassiti a metà gennaio.
In Europa occidentale i primi esempi della coltivazione di piante negli ambienti chiusi si può far risalire all’epoca medioevale e all’allevamento di Dianthus caryophyllus. Apprezzate per la bellezza e il profumo, queste piante venivano trasferite dentro casa per proteggerle dai rigori dell’inverno. Comunque bisogna attendere l’inizio del XVII secolo per trovare una certa varietà di piante tenute in casa come decorazioni o nei «giardini entro le porte» descritti da Hugh Platt (1552-1608) nel suo manuale per il giardinaggio Floraes Paradise: è una «cosa piacevole avere una bella galleria, una grande camera, o altri alloggi […] decorati internamente con erbe aromatiche e fiori, sì e anche frutta se possibile». Più tardi, nel XVII secolo la viaggiatrice e diarista Celia Fiennes (1662-1741) notò che numerose piante esotiche venivano coltivate nella casa dei conti di Bedford a Woburn: «Proprio accanto alla finestra della sala da pranzo c’è ogni sorta di vasi da fiori e curiose piante verdi, delicati alberi di arancio, cedro e limone e anche di mirto, Phyllirea e belle piante di aloe».
Estratto dal saggio Piante domestiche. Storia botanica delle nostre case, di Mike Maunder, il Saggiatore, 2024.
Maunder (1963) è un botanico esperto in conservazione vegetale. È direttore esecutivo della Cambridge Conservation Initiative dell’Università di Cambridge.